L'immigrazione nella letteratura.
Si parla tanto di immigrazione in questi giorni. Uomini e donne tunisini, libici, che occupano le nostre terre e sono mal tollerati dagli italiani, perchè si sa, il diverso, il non conosciuto incute p

Si parla tanto di immigrazione in questi giorni. Uomini e donne tunisini, libici, che occupano le nostre terre e sono mal tollerati dagli italiani, perchè si sa, il diverso, il non conosciuto incute paura, sospetto. Ci poniamo domande: cosa vogliono ora da noi? Non c'è spazio per loro, l'Italia è nostra. Ma quando gli "altri", quelli che arrivavano da lontano, spesso illegalmente, per approdare in terre sconusciute in cerca di lavoro, eravamo noi,come venivamo trattati da chi ci ospitava? Quando venivamo accusati di essere solo dei mafiosi o dei criminali, noi come reagivamo? A queste ed ad altre domande tenta di dare una risposta Gian Antonio Stella nel suo libro L'orda. Quando gli albanesi eravamo noi. (Rizzoli, 2003). In una ricostruzione ricca di fatti, personaggi, avventure, documenti, aneddoti, storie ignote, ridicole o sconvolgenti, c'è finalmente l'altra faccia della grande emigrazione italiana. Non solo quella degli Italiani che, sbarcati in America, si sono arricchiti diventando, agli occhi di chi rimaneva , dei vincenti. Bensì viene racconatata la vita di quei connazionali che hanno dovuto lottare contro i pregiudizi derivati dalle proprie origini, contro la difficoltà di imparare una nuova lingua e la voglia di ottenere il rispetto degli altri. La vera storia che dovremmo conoscere proprio per capire, rispettare e amare ancora di più i nostri nonni, padri, madri e sorelle che partirono.
Anche Karl Rossmann di Kafka si imbarcò per gli Stati Uniti. Il giovane protagonista di America (1927) però non se ne andò di casa per sua volontà, ma fu cacciato dai genitori a causa di una disavventura con la cameriara di famiglia. Ma l'America è troppo grande e piena di insidie per un giovane ragazzo come Karl, c'è sempre qualcuno più astuto di lui pronto ad approfittarsi della sua ingenuità e buonafede.
Ma, diversamente da tutte le altre opere di Kafka, qui abbiamo un protagonista che invece di rassegnarsi alla condanna, ogni volta si rialza in piedi, pieno di fiducia in se stesso e in quello che gli riserva l’avvenire. Karl è estroverso, desideroso di aprirsi al reale, amante dell’avventura oltre ogni limite, pronto a scegliere come compagni di strada lavativi e canaglie d’ogni genere. Il romanzo purtroppo è rimasto incompiuto, ma secondo il biografo ufficiale i Kafka, Max Brod, lo scrittore avrebbe voluto riservare al lettore, la sorpresa di un finale ottimistico. Auguiamoci anche noi lo stesso finale.
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