Mass Effect Andromeda, recensione videogame per PS4 e Xbox One: l'inizio della fine

Games / News - 23 March 2017 14:00

Mass Effect Andromeda è il nuovo, incerto, inizio della miglior saga di fantascienza della scorsa generazione, forte di un immaginario che ha influenzato decine di produzioni videoludiche e cin

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Mass Effect Andromeda è il videogioco sviluppato da Bioware e pubblicato sotto l’ala protettrice di Electronic Arts, che ha prelevato la saga dopo lo straordinario primo capitolo uscito originariamente su Xbox 360. La trilogia, pietra miliare della scorsa generazione, ha rappresentato un capolavoro all’interno dell’universo sci-fi, con una narrativa, dialoghi e personaggi assolutamente unici. Il prodotto confezionato da Bioware ha creato mondi, razze ed intrecci politici prendendo spunto da saghe come Star Wars e Star Trek, contaminando poi successivamente tantissimi videogiochi e produzioni cinematografiche future. La direzione artistica di pellicole quali Interstellar, Elysium, Prometheus e gli ultimi Star Trek ne hanno replicato costumi, scelte stilistiche, architetture e basi spaziali, un chiaro esempio di come Mass Effect abbia influenzato tutti i media usciti dopo il suo arrivo. L’importanza del brand e il successo ottenuto, con la trilogia originale, riparte da un nuovo progetto e idea, con l’arrivo del primo capitolo sviluppato su PS4 e Xbox One.



La trama di Mass Effect Andromeda vuole raccontare una storia differente e lo fa partendo da una galassia lontana, quella di Andromeda, destinazione ultima del viaggio di migliaia di umani, per trovare un pianeta vivibile e nuova speranza per l’umanità. Il progetto dei Pionieri è quello di trovare una nuova casa, sogno che svanisce e viene ridimensionato una volta arrivati in prossimità della destinazione, che non è più il paradiso dei dati raccolti 600 anni prima, quando la spedizione ebbe inizio. La stasi criogenica dei 20.000 coloni all’interno dell’Arca Hyperion, nave spaziale di cui siamo responsabili, diviene il motivo principale per cui siamo spinti a trovare un pianeta abitabile, con l’ausilio della altre specie aliene del Consiglio. Un merito della saga, riproposto con successo in Andromeda, è senza alcun dubbio quello di mettere in scena decine di razze differenti, profonde e complesse, con un intreccio politico e personale curato e dettagliato, un vero e propio sostrato sociale alla trama principale.



Il gameplay di Mass Effect Andromeda riprende i canoni da sparatutto in terza persona, con una forte componente da gioco di ruolo nella personalizzazione estetica, di armi ed equipaggiamento, e nelle miriadi di abilità sbloccabili. Il lavoro fatto in termini di differenziazione e sistema di progressione risulta come il più profondo e completo della saga, con poteri di combattimento e biotici che spaziano dalle armi da fuoco a barriere difensive e modifica dell’ambiente. La profondità della crescita del personaggio, Scott Ryder, viene plasmata anche dalla scelte morali durante dialoghi e filmati, con un chiaroscuro di significati che vanno a modificare i rapporti con il nostro team e con il mondo esterno. La ricerca di un pianeta adatto per la vita umana comprende l’esplorazione della galassia grazie alla nostra nave spaziale Tempest, con cui spostarsi nei vari sistemi e atterrare sulle decine di mondi presenti. Una volta scesi sulla superficie il gioco assume dei connotati maggiormente open-world, con obiettivi principali e zone di interesse liberamente visitabili, per trovare nuove specie e scannerizzare gli elementi presenti. Queste nuove meccaniche di ricerca permettono di sviluppare e potenziare equipaggiamenti, un processo semplificato dall’ausilio del mezzo corazzato Nomad, con cui spostarsi velocemente via terra.



La grafica di Mass Effect Andromeda è così bella come lo erano i predecessori? Purtroppo no, considerando che la vecchia trilogia aveva rappresentato uno stacco con il passato, in termini di animazioni ed espressioni facciali, con dialoghi affascinanti sia dal punto di vista narrativo che visivo. Qui la situazione è cambiata, con un motore grafico che sembra essere rimasto lo stesso della scorsa generazione, amplificandone difetti e problemi relativi alle movenze. Il risultato è quello di stazioni spaziali e luoghi chiusi molto simili al terzo capitolo, con un sistema di illuminazione piatto e volti anonimi ed inespressivi. La situazione migliora, per fortuna, una volta atterrati sui pianeti che, grazie ad una direziona artistica e fotografica quasi sempre impeccabile, si rivelano uno splendido viaggio di esplorazione e scoperta. Le razze aliene e la rappresentazione di sistemi solari e relativi mondi è così soddisfacente come in passato, per un titolo che basa ancora molto del suo fascino su ambientazioni ed atmosfere.

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