The Conjuring – Il caso Enfield: recensione del film dove la suspense domina il paranormale

Cinema / Recensione - 22 June 2016 08:00

James Wan torna al cinema con il sequel di The Conjuring – L'evocazione, ispirato ad uno dei casi inerenti al paranormale trattati dalla coppia Ed e Lorraine Warren, per un film che convince più

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A cinque giorni dall’uscita statunitense The Conjuring – Il caso Enfield si è imposto sugli altri titoli in sala, giungendo al primo posto nelle classifiche dei film che hanno incassato di più nel primo weekend in Nord America, ed ora si attende l’uscita italiana, prevista per il 23 giugno.

The Conjuring – Il caso Enfield presenta un nuovo caso intriso di presenze soprannaturali la cui risoluzione è affidata alla coppia investigativa formata da Ed e Lorraine Warren. Nella nuova trama i due coniugi-demonologi, compagni nella vita e sul lavoro, dovranno recarsi fino a Londra per offrire i loro servigi ad una famiglia composta da madre e quattro figli che saranno testimoni dell’intrusione nella loro abitazione di un’entità soprannaturale che finirà per comunicare usufruendo del corpo di Janet, una delle più piccole componenti della famiglia. Nonostante il presagio di morte che Lorraine avverte prima di partire per Londra, presagio che vede in pericolo suo marito Ed, i Warren decidono di aiutare ancora una volta una famiglia alle prese con il paranormale, cercando di apportare una soluzione definitiva come nel primo lungometraggio dedicato ad un loro caso, L’evocazione – The Conjuring.

James Wan torna nuovamente a dirigere un film in cui i coniugi Warren dovranno confrontarsi con il soprannaturale. Dopo aver introdotto i protagonisti nel primo lungometraggio ruotante intorno alla loro figura di speciali investigatori, James Wan ripropone una regia che guarda a L’evocazione – The Conjuring, ma gioca ancora più prepotentemente rispetto al primo film su due caratteristiche portanti dell’opera filmica, individuate in piano sequenza e suspense audiovisiva. Se da un lato i vorticosi e lunghi movimenti di macchina introducono i membri della nuova famiglia in cui si annida lo spettro del paranormale, spesso facendo a meno di stacchi di montaggio, dall’altro l’equilibrata suspense, che il regista riesce a manipolare durante l’alternarsi di scene rivelatrici che si susseguono, conferisce a The Conjuring – Il caso Enfield le caratteristiche di un riuscito thriller-horror con particolare attenzione alla funzione cardine ricoperta dal fuoricampo attivo.

Il concetto di suspense, spiegato e condotto all’apice della perfezione dal “maestro del brivido” Alfred Hitchcock, presuppone da parte dello spettatore l’aspettativa di un qualcosa che metterà a repentaglio l’incolumità dei protagonisti e che si verificherà nei meandri della scena in un momento non determinato. Ed è proprio l’indeterminatezza del momento in cui esso prenderà possesso della scena che crea nello spettatore quella tensione emotiva tipica dell’effetto suspense che ritroviamo esposta in The Conjuring – Il caso Enfield e che permette a James Wan di inscrivere il sequel del suo primo lavoro in un ambiente thriller-horror che non delude.

Patrick Wilson e Vera Farmiga, rispettivamente interpretanti Ed e Lorraine Warren, vengono riconfermati protagonisti del secondo capitolo, questa volta affiancati da una presenza che decide di impossessarsi non di un corpo adulto (come accaduto per L’evocazione – The Conjuring, dove uno degli spiriti infestanti la casa presa in analisi si era insinuato nel corpo della madre Carolyn Perron), ma di quello di una bambina di undici anni, una delle componenti della famiglia, la piccola Janet, impersonata da Madison Wolfe, che offre una performance incredibilmente convincente, per un film dove l’indagine soprannaturale stravolge l’ordinarietà di una famiglia londinese conducendo sul grande schermo una rappresentazione che ben si ispira ai fatti paranormali la cui risoluzione spettò ad Ed e Lorraine Warren.

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