Recensione del film Finding Oscar, la luce sul genocidio elogiata dalla critica

Cinema / Recensione - 20 July 2017 08:00

"Finding Oscar" è il film documentario sul genocidio del Guatemala. La critica ha elogiato il film: l'abbiamo visto in anteprima.

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Finding Oscar è il film documentario di Ryan Suffern, uscito nella sale statunitensi e accolto in maniera positiva dalla critica. Il film è disponibile anche in Video on Demand.

Nel documentario lo stesso presidente Reagan appare mentre dà la mano al presidente e militare guatemalteco Efraín Ríos Montt, che giuste al potere con un colpo di Stato nel 1982 e che era a conoscenza del Massacro di Dos Erres.

In “Finding Oscar” vediamo i documenti secretati, che lentamente diventano chiari, i teschi delle persone appaiono, gli scheletri dei corpi.

I soldati avanzano, e il governo del Guatemala cerca di nascondere quanto si presume stia accadendo. “Non è sufficiente un testimone”, dice una donna.

Finché entra in scena la foto di Oscar, bambino scomparso, che poi ha chiesto rifugio ed ora è adulto. Ma i suoi genitori sono stati probabilmente massacrati nel genocidio del 6 dicembre 1982, chiamato Massacro di Dos Erres in cui durante la presidenza de facto del generale Efraín Ríos Montt oltre 200 persone - tra cui donne, anziani e bambini - furono assassinati da comandanti che lavoravano come forze governative.

Il bambino è Oscar Ramírez, che piange al pensiero che quegli scheletri siano dei genitori. Oscar e il fratello offrono l'unica prova viva che lega il governo guatemalteo al massacro. Ora anche antropologi cercano di identificare le vittime per contattare le famiglie.

Il viaggio per individuare tutte le persone e i luoghi necessari per raccontare questa storia è proseguito in Guatemala, Winnipeg, Miami, New York e Los Angeels. Il produttore del film è Frank Marshall, che con la moglie Kathleen Kennedy produce molti film di Steven Spielberg - che del documentario è produttore esecutivo - Clint Eastwood. Franck si è appassiono subito alla storia raccontatagli da un amico d’infanzia e ora avvocato per i diritti umani.

Si va così alla ricerca di Jorge Vinicio Sosa Orantes, uno dei tenenti guatemaltechi che viveva in California del sud come cittadino americano. Fu arrestato e condannato, perché partecipò anche lui al massacro di Dos Erres.

Ma il problema diviene anche politico. Infatti fino ad allora 200.000 persone indigene e Maya furono uccise, entrando nella strategia di Efraín Ríos Montt, il quale utilizzò la tecnica della “terra bruciata”sugli altopiani del Guatemalta - continuando le tattiche del precedente presidente Romeo Lucas García. Così Monnt combatté la ribellione Unidad Revolucionaria Nacional Guatemalteca (chiamata anche Fusiles y Frijoles - Bullet e fagioli). La politica di Ríos Montt ha portato alla morte di migliaia di indigeni, ma l’assurdità della vicenda sorge quando il presidente statunitense di allora, Ronald Regan visitò pochi giorni prima del massacro Montt, lo elogiò per il suo anticomunismo.

Il documentario fa luce quindi su questa vicenda e già per questo è da elogiare. La critica ha apprezzato la capacità di far brillare momenti inquietanti ma vitali (The New York Times), con interviste lucide che restituiscono un ritratto multiforme (Los Angeles Times), sancendo anche la forza del potere del perdono (The Hollywood Reporter).

La metodologia giornalistica esplora una aspetto che la stampa non divulga, per mancanza di senso della notizia.

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