Recensione del film 'Abundant Acreage Available', il passato riemerge plaudito dalla critica

Cinema / Recensione - 05 October 2017 08:00

"Abundant Acreage Available" è il film ben accolto dalla critica statunitense. Mauxa l'ha visto in anteprima.

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Abundant Acreage Available è il film drammatico di Angus MacLachlan uscito nelle sale statunitensi in questi giorni, e che ha ottenuto ottime recensioni dalla critica.

Abbiamo avuto modo di vederlo, e subito ci ha colpito la storia di Tracy (Amy Ryan) e Jesse (Terry Kinney), che devono seppellire le ceneri del padre appena morto. Loro abitano nella rurale Carolina del Nord, attorniati da terreni autunnali, in una azienda di tabacco. La loro quieta esistenza è interrotta dall'arrivo di tre uomini misteriosi, che si accampano sulla loro terra.

Il film procede con una certa lentezza, dovuta certamente alla provenienza letteraria del regista: Angus MacLachlan è infatti un drammaturgo, e il suo dramma “Stone” è diventato l’omonimo film del 2010 diretto da John Curran con Edward Norton e Robert De Niro, e che raccontava la vicenda di un detenuto che cerca di convincere il proprio supervisore di essere cambiato così da ottenere una liberazione anticipata. Oppure “Junebug” (2005), scritto da MacLachlan e diretto da Phil Morrison, con Amy Adams donna tacita che per questa interpretazione vinse l’Oscar.

Il tema del convincimento forzato emerge anche in "Abundant Acreage Available”, quasi che sia difficile per noi sapere se coloro che ci sono davanti dicano la verità o mentano. Tanto che la disponibilità nell’ascoltare gli altri confina con l’ingenuità, pur se velata da gentilezza. Così Tracy e Jesse credono cautamente che queste tre persone che s’istallano nella loro terra possano essere affabili, e la frase iniziale di lei, “questa proprietà privata” perde lentamente di significato.

Anche perché uno degli uomini “migrati” lì è anziano e deambula malamente, costretto a stare spesso seduto. Quindi in Tracy e Jesse assieme al dubbio sorge anche la compassione, che li porta all’acquiescenza. Se le tre persone - che sono fratelli - pretendono di avere un diritto di eredità sulla proprietà, questo aspetto legale lascia poi lo spazio ad un sorta di coercizione psicologica, di cui sono succubi Tracy e Jesse. Così il film da thriller diventa psico-dramma.

Molte sono le problematiche messe in campo dal regista, sia perché i tre raccontano di un passato in cui abitavano in quella fattoria, che per la probabile mancanza di diritti di Jesse di risiedervi: emerge infatti che lei è stata adottata, quindi non avrebbe nessun legame di sangue con il luogo.

Se l’inverno si adagia sulla fattoria, anche la rassegnazione fa spazio a questo dramma sofisticato, con attori più capaci della storia raccontata che mostra un panorama umano vario e raramente rinvenibile nelle storie odierne.

Il passato che emerge è proprio l’aspetto che ha portato il film ad avere delle ottime recensioni dalla critica statunitense, con una scrittura che dà alla pellicola la sua struttura rurale (Variety), con attori capaci di ottenere ottime performance tra colpa, radici ed egoismo (Wall Street Journal), capaci di emergere attraverso drammi minimalisti (Indiewire).

Gli stessi spazi campestri solcano questa trama, tanto che - pur se molto dialogata - non avrebbe trovato migliore spiegamento che in queste terre appena coperte d’erba, cieli tersi e tabacco ancora da germogliare. Un film difficile da vendere, ma la cui visione è necessaria per comprendere come i rapporti umani possano essere raccontati attraverso le immagini.

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