Recensione Marilyn, dall'anteprima del Festival di Berlino
“Marilyn”, una co-produzione latina ispirata a una vicenda vera.

“Marilyn”
è il film di Martín
Rodríguez Redondo, in concorso
nella sezione Panorama del Festival di Berlino.
Distribuito da Film
Factory Entertainment, “Marilyn” vanta una co-produzione tra
l'argentina Maravilla
Cine, la cilena Don Quijote and Rampante e l'uruguaiana Cordon Films.
Marcos
(Walter
Rodríguez)
è un diciasettenne che vive con i genitori e il fratello maggiore
(Ignacio
Giménez),
in una fattoria confinata nella periferia di Buenos Aires. Non ci
sono molti soldi a disposizione, ma il padre vede in quel figlio la
capacità di un riscatto sociale. Ci tiene a farlo studiare e si
adopera per acquistargli un computer di seconda mano.
Nella
routine rurale di casa, il giovane asseconda la propria natura
femminile travestendosi, a riparo da occhi indiscreti. Attende
l'imminente carnevale. Alla festa, ci andrà accompagnato dall'amica
Laura (Josefina
Paredes). Per una notte, la trasgressione fa rima con la gioia di
vivere, anche se a caro prezzo.
Schede
Quando
il padre muore improvvisamente, Marcos è costretto ad aiutare il
fratello Carlitos. Intanto, le chiacchiere sul suo conto fanno il giro
il paese e costringono la famiglia a traslocare nella capitale. Qui,
Marcos s'innamora di Federico (Andrew
Bargsted), ma la madre Olga (Catalina
Saavedra) è determinata a negare a quel figlio la speranza.
L'epilogo sarà tragico.
“Marilyn” è un film ambientato in un paesino in mezzo al nulla, dove il tempo scorre immutato. Non c'è alcuna via di uscita per il giovane protagonista, a cui è brutalmente negata anche la possibilità di immaginarsi. Il dramma sta nel senso dell'inesorabilità, inflitta e senza appello: uno stato di agonia rappresentato con disincanto stilistico. C'è una sola sequenza libera di respirare ed è quella della notte danzante di Marilyn.
L'opera di Martín Rodríguez Redondo è ispirato alla storia vera di Marcelo B., condannato all'ergastolo per l'omicidio della madre e del fratello. Il suo, è stato il primo matrimonio gay argentino celebrato in carcere.
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