Recensione Figlia mia con Alba Rohrwacher e Valeria Golino

Cinema / Recensione - 27 February 2018 08:35

Laura Bispuri affronta il dramma di una figlia contesa.

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Figlia mia” è l'unico film italiano in concorso al Festival di Berlino. Il secondo lungometraggio di Laura Bispuri ha debuttato nelle sale italiane lo scorso weekend.

Figlia mia

“Figlia mia” è ambientato in terra sarda, dove Madre Natura mostra forza e bellezza, attraverso paesaggi brulli e ancestrali. Angelica (Alba Rohrwacher) è un'anima persa. Ha difficoltà economiche, beve per dimenticarsi di sé e si umilia,  concedendosi agli uomini del paese.
Nel suo atteggiamento distruttivo, percepiamo una certa fierezza di donna indipendente.
Tina (Valeria Golino) è sposata con un uomo mite (Michele Umberto) ed è la madre adottiva di Vittoria (Sara Casu), una bambina timida e curiosa del mondo che poco le assomiglia. Infatti, è la figlia di Angelica.
Quando Vittoria comincia a frequentare la casa di Angelica, il patto tra madre biologica e madre adottiva viene a meno facendo esplodere le conflittualità represse dei protagonisti.

Figlia mia” è un'opera promettente. Tuttavia la resa è altalenante. Nonostante una certa energia, restituita nella scena finale, è un film difficile da seguire senza rimuginare sulla necessità di certe metafore urlate (il buco nero come grembo materno e possibilità di rinascita).
Allo spettatore disorientato è negata l'opportunità di empatizzare con la storia e i protagonisti.
Il personaggio di Angelica viene introdotto con tratti eccessivi, al limite del grottesco. Non ne capiamo le esasperate contraddizioni, salvo poi scoprirne improvvisi momenti di saggezza.
L'uso del dialetto, a intermittenza, non è una scelta felice.
Nell'insieme, la sensazione di compiaciuto annacqua l'intento del messaggio corale, l'imperfezione come fonte di bellezza.

Detto questo, “Figlia mia” rimane un film da vedere. 

© Riproduzione riservata




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