Venezia 80: recensione film La Bête
La Bête è il film in concorso alla Mostra del cinema di Venezia

La storia de La Bête - presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia - è ambientata in un futuro prossimo, quando le emozioni sono considerate una minaccia. Gabrielle (Léa Seydoux) deve purificare il suo DNA in una macchina che la immerge nelle sue vite passate: quest’assunto poteva essere interessante, ma andava sviluppato fin dall’inizio, non puntando su continui spostamenti temporali da un ballo del 1910 ai giorni nostri, all’anno 2044. In tale maniera, il regista Bertrand Bonello – già alla direzione di Zombi Child e Coma – fa confondere lo spettatore, e rende la protagonista Gabrielle un automa simile all’intelligenza artificiale che lei vorrebbe denigrare.
Léa Seydoux e l’impasse del film La Bête
Gabrielle deve liberarsi da tutti i sentimenti forti, ma è gettata - insieme al co-protagonista George MacKay - da una micro-narrazione a un’altra, senza che ci sia connessione apparente. Se tale legame tra i vari archi temporali esisteva, è rimasto in nuce nella mente del regista, che poi ha costretto Seydoux a sfumare le emozioni dal terrore alla meraviglia, dalla paura del presente un’eleganza vintage – quella appunto del primo ‘900. È l’attrice a dover superare le impasse del film, sorreggendo le dinamiche in maniera strenua, recitando davanti a un green screen, tuffandosi in un corridoio allagato. Oppure mentre vive a Los Angeles come modella.
Schede
Il racconto di Henry James
Ben diversa è la storia da cui il film è ispirato, La bestia nella giungla (The Beast in the Jungle), novella di Henry James del 1903: qui il racconto è lineare, e la protagonista May Bartram cerca di convertire alla “passione” per la vita il “compagno” John Marcher: solo dopo che lei è morta, lui comprende – sulla sua tomba – che lei aveva tentato, senza risultati, di spingerlo a uscire dal suo egoismo. Bonello avrebbe dovuto leggere con più attenzione il racconto, per restituire quel lieve flusso di coscienza che al cinema è arduo da rappresentare. Jane Campion ci era riuscita con Ritratto di signora adattato dal romanzo dello stesso James, essendo rispettosa verso il lavoro di uno scrittore che non può essere adattato al cinema se non seguendo le sue pagine. Trasportare la vicenda a Los Angeles solo per offrire un afflato di modernità, mescolato con l’intelligenza artificiale, rende La Bête un pacchetto produttivo che non vogliamo ricevere.
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