Venezia 80, recensione del film Day of the Fight

Cinema / Recensione - 08 September 2023 13:00

Day of the Fight è il film fuori concorso presentato alla Mostra del cinema di Venezia

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Le poche ore che precedono l’ultimo incontro sul ring sono il momento forse migliore per fare i conti con se stessi. Ed è quello che fa il protagonista del film Day of the fight, del regista Jack Houston, in concorso alla 80esima edizione della Mostra d’arte cinematografica di Venezia. Una introspezione profonda e ben riuscita, con il rischio (forte) di finire nel banale evitato in tutte le fasi del racconto.


Mostra del cinema di Venezia 2023 - immagini

Non un Rocky Balboa dei poveri, quindi, nemmeno la classica storia di riscatto sociale tramite la boxe: Day of the fight è molto di più e smuove nello spettatore quelle domande che forse troppo spesso restano sedimentate.

Day of the fight: quando il tuo rivale non  è sul ring

Il giorno del suo ultimo combattimento, il primo dopo essere uscito di prigione per aver causato la morte di un bambino in un incidente stradale, Mikey (Michael Pitt), un pugile un tempo famoso, intraprende un viaggio di redenzione nel passato e nel presente, mettendo a rischio la propria vita a causa di una malattia di cui nessuno è a conoscenza. In passato, proprio dopo un incontro di boxe, il medico gli ha raccomandato di non combattere più, visto che un aneurisma avrebbe potuto causargli la morte. Mikey però, nel giorno in cui lascia la prigione, ha intenzione di andare fino in fondo non solo con l’incontro che il suo manager gli ha organizzato contro il campione in carica dei pesi medi, ma anche con la sua vita. Ecco quindi che nel corso della giornata fa visita a persone che sono state importanti per lui e che lo incoraggiano a superare il passato fatto di luci e ombre. Prima un paio di suoi amici, poi la sua ex moglie, sua figlia, e infine suo padre, costretto dalla malattia a una vita complicata.
E’ proprio la scena dell’incontro verità con suo padre quella che sposta gli equilibri del film: Michey tira fuori tutto se stesso e si chiede come abbia fatto in tutti quegli anni a non aver mai parlato a fondo con suo papà, che lo guarda malato e forse senza comprendere quello che dice.



Perdono, introspezione, riflessione e riscatto: tutti elementi che il film eleva all’ennesima potenza e che funzionano bene. Fino al combattimento finale, che trasla queste sensazioni nello scontro fisico. Se da un lato l’immagine della boxe come sport degli ultimi e del riscatto, qui questa immagine non è banalizzata, soprattutto grazie all’interiorità del protagonista, che scopre come non sia proprio la boxe il tema centrale della sua vita.


© Riproduzione riservata


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