Recensione film The Midnight Sky, un disastro non solo apocalittico
The Midnight Sky è il film in streaming su Netflix

Tutto è stato già visto nel film Midnight Sky di George Clooney, come accade per la maggior parte delle produzioni originali Netflix. Le trame riverberano lo stesso tepore, e sopratutto gli snodi sono da manuale di sceneggiatura datato.
Qui vediamo Augustine Lofthouse (George Clooney) che vive come astronomo in una stazione scientifica del Polo Nord. L’anno non poteva che essere nel futuro - 2049 - come se 29 anni di differenza bastassero per giustificare l’implausible.
Il viaggio di The Midnight Sky
Da qui si evince che nulla di inedito è proposto nel film, ma è quasi creato da un algoritmo che pesca nelle insicurezze umane - paura della morte per una malattia e per una catastrofe - per far inconsciamente decidere allo spettatore di continuare a visionare il film. Ma il viaggio è da non seguire, perché non offre nulla di più di un buon documentario sull’Antartide.
Ottime le scenografie di Jim Bissell, che fanno immedesimare nell’ambiente glaciale e in momenti onirici. Ma poi tutto è reso più deprimente dai dialoghi: “Con te non ci parlo. Nel sogno mi hai abbandonato su K 23, perciò non ti parlo”, dice Sully - interpretata da una stanca Felicity Jones - a Mitchell (Kyle Chandler).
I film di fantascienza cui Midnight Sky ambisce
Diversa era l’empatia di film come The Martian o Gravity, che ponevano dilemmi umani in un contesto fantascientifico. Qui invece l'atmosfera che si respira è gelida, come la trama che racconta. Neanche la presenza di una figura che dovrebbe portare una sorta di umanità riesce a esprimere gaiezza: ossia la bambina di nome Iris (Caoilinn Springall) che Augutine scopre essersi nascosta nella sua stazione scientifica in seguito all’evacuazione. Anche lei parla con frasi centellinate, e su di lei Augustine sovrasta sempre la scena.
Schede
L’ambizione del film è affermare che vale la pena salvare ogni vita anche se tutto sembra perduto: ma The Midnight Sky non riesce a portare avanti la conversazione, perché si perde in scene che tendono più a creare suggestione nel lettore che a condurlo alla fine del discorso.
Il film pare raggiungere più completezza nel finale, ma sembra che ciò che si è raccontato fino ad allora non sia servito troppo per approdarvi. George Clooney da regista attore dà più credito alla fama che lo supera piuttosto che alla prova di fronte cui mettersi in gioco.
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