Lea, il film su Rai Uno di Marco Tullio Giordana per un audiovisivo italiano tra sentenze e mafia

Tv / Drama / News - 18 November 2015 13:19

Lea è il film su Rai Uno di Marco Tullio Giordana: dai film alle serie tv, l'audiovisivo italiano si muove tra sentenze e mafia.

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Lea è il film in onda su Rai Uno stasera, che rimarca il solco della tradizione del regista Marco Tullio Giordana per storie desunte dalla realtà criminale.

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Marco Tullio Giordana ha ottenuto un buon risultato con “Romanzo di una strage” (2012) che ha incassato 2 milioni di euro, mentre poco convincete era “Sanguepazzo” (appena 500 mila euro). Assieme al recente “Suburra” (ad oggi con 4,6 milioni) di Stefano Sollima sembra che non ci sia spazio per altre storie nel panorama audiovisivo italiano, attanagliato tra commedie che al cinema dileguano nell’arco di mezzo week end e serie tv sulla criminalità, come “Gomorra” o “1992”.

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La trama di “Lea” segue la vicenda reale di Lea Garofalo - interpretata da Vanessa Scalera - donna che vive a Petilia Policastro, comune della provincia di Crotone. La famiglia è affiliata alla criminalità calabrese, tanto che il padre è ucciso quando lei è infante. Floriano, il fratello si persuade così di vendicarlo, con un una scalata che echeggia trame shakespeariane: Lea si forma tra sangue e astio, il fratello diviene uno dei boss del paese e quando lei si trasferisce a Milano con il fidanzato Carlo - gregario di Floriano - e la neonata Denise si trova in un palazzo del centro dominato dalla ‘ndrangheta. Carlo è il boss dell’immobile, ma dopo l’arresto Lea decide di costruire per la figlia un futuro differente, abbandonando il compagno e trasferendosi a Bergamo. Carlo l’assilla, lei inizia a collaborare con la giustizia tanto da ricevere il Programma di protezione con nuova identità e domicilio segreto.

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Come spesso accade in storie simili dove la tutela della giustizia sfoca nella burocrazia, la protezione è revocata. Lea torna in Calabria, senza mezzi di sostentamento e sola, dopo che il fratello è assassinato. Il 24 novembre del 2009 Lea scompare: l’unica persona ancora capace di innalzare la moralità dalla madre è la figlia Denise, che penetra nella propria famiglia collaborando con gli investigatori. Se il padre Carlo le conferma che Lea “ti ha abbandonato, se n’è scappata in Australia senza pensare a te”, Denise monitorata dalle intercettazioni degli investigatori riesce a fare arrestare il padre.

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Fiction. Durante il processo uno dei compagni del padre rivela dove sono nascosti i resti di Lea. Una fiction in una puntata riassume quindi non solo una vicenda, ma un intero modo di intendere il disaccordo verso il sistema mafioso. E la fiction divine l'emblema di questo racconto, più affine alla grande platea televisiva che quella cinematografica: lo stesso “Suburra” diverrà una serie televisiva per Netflix. E anche per Lea ci si è basati sulle sentenze dei processi che hanno condannato all'ergastolo il marito di Lea, Carlo Cosco e i suoi complici. Il romanzo “Suburra” a sua volta nasceva da situazioni della mafia Capitale, tanto che l’autore Giancarlo Di Cataldo proviene dalla carriera di Magistrato e Carlo Bonini da quella di giornalista di cronache giudiziarie.

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