Intervista a A. Lastrucci, direttore del Festival dei Popoli

Cinema / Intervista - 30 November 2014 08:00

A Firenze la 55° edizione del Festival dei Popoli, dal 28 novembre al 5 dicembre 2014, la più prestigiosa rassegna italiana dedicata al cinema documentario. Mauxa ha intervistato il diretto

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Mauxa intervista Alberto Lastrucci, direttore del 55° Festival dei Popoli di Firenze, la più prestigiosa rassegna cinematografica italiana interamente dedicata al film documentario e tra le più longeve e importanti d'Europa. Dalla prima edizione del 1959 ad oggi, il festival ha presentato i film dei più prestigiosi cineasti del settore, come Jean Rouch, Gianfranco Mingozzi, Vittorio De Seta, Nagisa Oshìma e molti altri

Il Festival dei Popoli di Firenze è annualmente organizzato dall'omonima associazione senza scopro di lucro fondata nel 1959 da un gruppo di studiosi di scienze sociali. Già dalla prima edizione l'evento ha saputo catalizzare su di sé l'attenzione degli addetti ai lavori, merito di una giuria di prestigio formata, tra gli altri, dagli antropologi Ernesto de Martino e Jean Rouch, e da Cesare Zavattini, giuria capace di selezionare i migliori film etnografici in circolazione. Nel tempo, l'associazione ha affiancato al concorso internazionale, asse portante del Festival dei Popoli, workshop, tavole rotonde e retrospettive sui maestri del cinema documentario

L'intervista a Alberto Lastrucci, direttore del 55° Festival dei Popoli

D - Lei è direttore del Festival dei Popoli dal 2012 (e già nel 2011 era codirettore insieme a Maria Bonsanti), ma il suo coinvolgimento nella realizzazione del Festival dei Popoli è di lunga durata. A suo avviso, quali sono stati i cambiamenti più significativi del Festival dei Popoli da quando l'ha iniziato a seguire come semplice appassionato di cinema documentario prima, fino ad arrivare ad essere il direttore dell'intero evento?
R - Visto che ho iniziato a collaborare al festival dal 1995 (mi occupai della redazione del catalogo) e che questa collaborazione, seppur con qualche breve intervallo, è proseguita fino ad oggi, mi pare evidente che non sono in grado di avere una visione obiettiva del Festival dei Popoli e neanche mi interessa più di tanto averla. Mi interessa molto di più conoscere la percezione che ne hanno gli altri: il pubblico, i registi che tornano a trovarci a distanza di anni, i colleghi di altri festival. Perché poi si può essere tutti d'accordo che "il festival è cambiato", ma se si chiede di precisare in "cosa" è cambiato è facile ottenere risposte molto diverse. Sicuramente non è mai cambiata la cura e l'attenzione con cui vengono selezionati i film, sempre di alta qualità, anche negli anni in cui il festival sembrava sonnecchiare. E' invece molto cambiato il modo in cui il festival è organizzato e strutturato, di conseguenza è cambiata anche la sua immagine. Siccome posso dire di conoscere nel dettaglio i meccanismi interni - ho avuto modo di ricoprire ruoli diversi nel corso degli anni - credo che il compito principale di un direttore (anche se magari non viene facile pensare che sia questo) è assicurarsi che tutte le collaboratrici e i collaboratori siano assegnati al posto giusto. Per realizzare un buon festival occorre avere talento e competenze assai specifiche, non solo per la scelta dei film - ovviamente - ma anche nella grafica, nell'editoria, nella comunicazione, nel curare i rapporti internazionali. Una volta che si ha a disposizione una squadra eccellente, si hanno buone possibilità di riuscire a metter su un festival di valore

D - A mio avviso, uno dei tanti pregi del Festival dei Popoli è quello di essere un associazione che lavora per il cinema documentario tutto l'anno e non solo durante la settimana del Festival vero e proprio, proponendo newsletter, workshop ed eventi per la formazione di neo documentaristi, ma anche per chi è già professionista del settore, e promuovendo l'industria del documentario e la diffusione dei film prodotti. Quali sono le maggiori problematiche che il cinema documentario incontra in Italia?
R - Questo tipo di domanda comporterebbe una risposta articolata, che io non sono in grado di darle dal momento che non mi sono mai occupato di dirigere, o produrre o distribuire un documentario in Italia. Posso segnalare, e lo faccio ogni volta che me ne capita l'occasione che, a tutti coloro che non concedono al documentario la visibilità che merita dicendo che questo genere di cinema "non interessa il pubblico" che tale affermazione può essere facilmente smentita semplicemente osservando gli spettatori che frequentano il nostro festival: oltre alla quantità si badi alla diversità culturale, di età e di classe sociale del nostro pubblico. Ce ne vuole a dire che il documentario è un genere riservato ad una nicchia. Certo il pubblico del documentario è composto da persone che si interessano, che si interrogano, che si tengono informate, che usano il cervello, non vorrei allora che il problema fosse questo...

D - L'associazione cerca anche di promuovere la visione dei film documentario fuori dai circuiti dei vari festival. Oltre ad una fornitissima mediateca a Firenze, l'anno scorso, ad esempio, avete portato avanti una collaborazione con MYmovies che ha attivato una sala virtuale che si è affiancata alle altre sale del festival. Da questo punto di vista, quali sono i progetti futuri?
R - Il progetto che ci piacerebbe veder realizzato è di poter estendere nel tempo la nostra attività, creando un centro internazionale permanente di studio e formazione. Sarebbe una maniera, dai costi assolutamente contenuti, per trasformare il nostro archivio, che conserva circa 17.000 titoli, in una risorsa per tutti coloro che il documentario vorrebbero studiarlo, farne oggetto delle proprie ricerche, ovvero utilizzare la documentazione visiva per arricchire il valore dei proprio studi, universitari o meno, citando non solo, come è opportuno, una specifica bibliografia ma anche una serie di titoli che avvalorano i risultati delle loro ricerche. Sono sicuro che, in 17.000 titoli, siano stati affrontati tutti gli argomenti della conoscenza umana. L'archivio è qui, conservato in maniera volontaristica, e basterebbe un piccolo investimento per renderlo consultabile e aperto al pubblico

Il DIRETTORE

Alberto Lastrucci è nato a Firenze nel 1968. Prima di diventare codirettore del Festival dei Popoli nel 2011 (insieme a Maria Bonsanti) e direttore del festival dal 2012, per lo stesso festival ha curato alcune retrospettive, come “Ciak: si muore - Moralità e immoralità della morte al cinema” (1998), “Storia del cinema europeo attraverso l’evoluzione della tecnica” (1999), “Il sogno dell’Impero e l’incubo del dominio. Immagini del colonialismo italiano” (2002)

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