Recensione Resta con me di Baltasar Kormakur
In sala dal 29 agosto, con Shailene Woodley e Sam Claflin.

Baltasar
Kormákur torna a raccontarci una storia vera di sopravvivenza. Resta
con me (Aldrift, il titolo originale), infatti, racconta l'odissea di
Tami Oldham Ahscraft, alla deriva in mezzo al nulla dell'Oceano
Pacifico per 41 giorni. Il suo fidanzato Richard Sharp, invece, perse
la vita. Aveva 33 anni.
Il film è basato sul libro che la coraggiosa
Tami ha scritto sull'esperienza, in collaborazione con Susea McGearhart, pubblicato nel 2002: Red
Sky in Mourning: A True Story of Love, Loss and Survival at Sea
(Resta con me nell'edizione italiana del 2018 di Harper Collins
Italia).
Il fatto. Tami Oldham Ashcraft e Richard Sharp accettano una commissione ben pagata che permetterà alla coppia di seguire i propri progetti autonomi per un anno. Lo yacht dei clienti parte da Tahiti e deve raggiungere San Diego, ma a metà percorso i protagonisti incontrano l'urugano Raymond.
Schede
Il film. Nella scena iniziale di Resta con me incontriamo Tami (Shailene Woodley) ferita. Riesce a non perdersi di animo e cerca di organizzarsi. Nel corso del film, la vediamo dirigere il timone con le proprie forze e decidere di sfruttare correnti e venti verso le Hawaii. Se il piano fallisce, se qualcosa va storto, la scelta annuncia una morte sicura. La donna tenta il tutto per tutto: riesce a pompare fuori l'acqua dall'imbarcazione, centellina le risorse di cibo e acque, la maggior parte di queste, probabilmente, immaginarie.
Romance. Resta con me procede avanti e indietro nel tempo. Mentre seguiamo Tami alla deriva, infatti, scopriamo cosa l'ha portata in quella situazione estrema. Curiosa del mondo, con un passato famigliare difficile alle spalle, la giovane donna incontra Richard (interpretato da Sam Claflin) nella più grande isola della Polinesia francese. È amore a prima vista. Anche Richard cerca nella natura risposte legate a un passato famigliare drammatico.
Finale senza spoiler. Le scene finali riservano un inaspettato colpo di scena, a riprova della sensibilità del regista islandese riguardo alle storie di sopravvivenza, quasi incomprensibili ai giorni nostri: cosa spinge uomini e donne ad avventurarsi in un ambiente sconosciuto, rischiando la vita? Il merito di Kormákur sta nel cercare di dare una risposta, dalla parte dei protagonisti chiamati in causa.
Effetti speciali. Tristemente superlativa, la sequenza della tempesta.
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