Recensione del film La tenerezza

Cinema / Recensione - 25 April 2017 07:30

La tenerezza è il film di Gianni Amelio liberamente tratto dal romanzo "La tentazione di essere felici" di Lorenzo Marone. Nel cast ci sono Renato Carpentieri, Elio Germano, Giovanna

image
  • CONDIVIDI SU
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon

La tenerezza è il film di Gianni Amelio nelle sale. Nel cast ci sono Renato Carpentieri, Elio Germano, Giovanna Mezzogiorno, Micaela Ramazzotti, Greta Scacchi (leggi l'articolo sull'incontro con il cast)

Il film esplora come l’incosciente che è fuori di noi possa segnarci. Così il protagonista Lorenzo (un compatto Renato Carpentieri), avvocato vedovo ora in pensione è solitario nel suo appartamento. Lorenzo si avvicina alla famiglia che da poco si è trasferita lì vicino, composta dalla giovane Michela (Micaela Ramazzotti), al marito Fabio (Elio Germano) che però desta qualche perplessità nel suo comportamento irruente. Fabio pare infatti troppo preoccupato di come crescere i due figli, in una realtà che non appartiene né a loro né a lui: in uno scatto d’ira in un bar scaraventa a terra un immigrato che insiste a vendergli degli oggetti. “Non è violento”, lo giustifica la moglie Michela a Lorenzo, che è lì presente.

La violenza sarà poi quella che segnerà il futuro della loro vita e che desterà Lorenzo dal torpore, dopo che un gesto dissennato sconvolge le esistenze. L’avvocato infatti a anni aveva allontanato i due figli, per motivi insiti nel proprio carattere: “Non si dovrebbe tradurre parola per parola”, dice la figlia Elena (una dolente Giovanna Mezzogiorno), che di professione traduce in tribunale le dichiarazioni dei marocchini arrestati. La traduzione cui allude non è solo linguistica, ma anche mentale: per riavvicinarsi al padre non contano le parole, ma sopratutto i gesti.

Spesso la narrazione del film “La tenerezza” è calcolata, come nelle scene in cui la vicina di casa Michela si perde la chiave, e Lorenzo gliela restituisce: poi fa lo stesso con il marito, quasi fosse un lasciapassare verso un’altra dimensione affettiva. Paurosa, ma cui Lorenzo intende aprirsi. Lui va a preparare il ragù a casa loro, gioca con i figli: due bambini speculari ai propri, un maschio e una femmina. Essere premuroso con loro e un modo per riacquistare la vicinanza ai propri figli, rinnegare anche un passato fatto di errori. Il film è liberamente tratto dal romanzo “La tentazione di essere felici” (2015) di Lorenzo Marone.

Il film imposta in maniera compiuta i caratteri dei personaggi, che passano da una sfumatura all’altra: Elena pare odiare il padre ma poi nutre un profondo affetto, che lui a sua volta implora andando a prendere il nipote a scuola. “Mi vuoi bene?”, gli chiede e il piccolo risponde: “No”. Poi lei confessa al fratello di una scoperta che fece del padre, e lui sembra attenta ad ascoltarla ma poi squilla il telefono e le confidenze cadono. Altri chiaroscuri sono quelli della vicina di casa Michela, ora serena ma che ebbe un’adolescenza abbandonata, e quando sorride a Lorenzo in una sala d’aspetto in ospedale lo incita ad agire e non essere indolente. Fabio, che in un negozio di chincaglierie scopre un modellino di camion dei pompieri che esige di comprare, perché fu lui a rompere le finestrelle da bambino.

Sono caratteri rigorosi, l’opposto di quelli presenti nelle commedie che imperversano al cinema, che agiscono in gazzarra senza possibilità di riconoscevi un’identificazione.

Quello di Gianni Amelio si conferma come un cinema dove il racconto, la definizione egli spazi assume un ruolo fondamentale: essenziale è la scenografia di Giancarlo Basili e irrotta la fotografia di Luca Bigazi. Un cinema forse troppo intenzionale, ma capace di permeare la visione e farla restare impressa.

© Riproduzione riservata




Seguici su

  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon