Recensione del film 'Jane', la vita nella savana acclamata dalla critica

Cinema / Recensione - 30 October 2017 20:01

Mauxa ha visto in anteprima "Jane", il film di Brett Morgen che ha ottenuto ottime critiche.

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Jane è il film documentario di Brett Morgen uscito in questi giorni negli Stati Uniti.

L’opera propone una montaggio di cento ore di filmati inediti su Jane Goodall, antropologa che ha permesso negli anni di comprendere il comportamento degli scimpanzé e scoprire che è simile a quello umano.

Gli scimpanzé emergono come una razza animale razionale e affettiva: sono in grado di usare dei ramoscelli per catturare le termiti, e per agevolare l’uso dell’oggetto lo sfregano contro il terreno. Effettuano quindi una modifica che è l'inizio rudimentale dell’uso degli strumenti tipicamente umano.

Dal lato affettivo gli scimpanzé evidenziano emozioni come gioia e dolore, che si estrinsecano con abbracci, baci, grattano sulla schiena e persino solleticano. Queste azioni che abbiamo sempre reputato umane emergono anche nell’ambiente animale, sfatando l’unicità dell’uomo come essere pensante.

Jane Goodall - etologa inglese nata nel 1934 - ha anche scoperto che questi gesti si consolidano con legami interni ai membri della famiglia, o dentro una comunità ben definita. La durata di questi affetti può superare anche i 50 anni: è dal 1964 che l’antropologa documenta e analizza i loro comportamenti.

Nel documentario di Brett Morgen emerge con leggerezza la possibilità che questa ricerca di dettagli quotidiani possa poi raccontare un’intera vita: quella della Goodall, che ha sacrificato l’habitat urbano per quello della Tanzania. Arrampicandosi sugli alberi, marciando sotto una tempesta avvolta da un telo di plastica per osservare la vita degli scimpanzé in difficoltà. Oppure mentre punta costantemente il binocolo verso gli scimpanzé, con il suo terzo occhio indispensabile.

Il documentario - che andrà in onda sul canale National Geographic Italia nel 2018 - ha ottenuto recensioni entusiastiche. È capace di meravigliare e commuovere mentre la Goodall condivide direttamente con noi nelle sue scoperte (The Hollywood Reporter), è lussureggiante e perfetto da punto di vista formale (Indiewire). Per The AV Club il tesoro fondamentale sono tutti i filmati in 16 millimetri selezionati, girato negli inizi degli anni '60 dal famoso fotografo Hugo Van Lawick, che sarebbe diventato il primo marito della Goodall.

Le musiche di Philip Glass orchestrano le sequenze con precisione e lirismo.

La scena in cui la Goodall - divenuta mamma - educa il figlio neonato in mezzo alla foresta della Tanzania, è tenace e al contempo cruda. Costringere un bambino a vivere in quel modo può sembrare un atto egoistico, ma poi immette lo spettatore nell’ordine di pensiero che ogni esperienza conserva la sua validità. Avere come amici gli scimpanzé consacra il bambino ad una formazione che è simile a quella della madre, la Goodall che in questo modo inverte il paradigma dell’osservazione. Non siamo più noi ad studiare gli animali, ma loro a visionare la nostra crescita.

© Riproduzione riservata




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