Recensione del film Allied - Un'ombra nascosta

Cinema / Recensione - 11 January 2017 07:30

"Allied - Un'ombra nascosta" è il film che mescola noir e romanticismo diretto da Robert Zemeckis: Brad Pitt e Marion Cotillard sono i protagonisti.

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Allied - Un'ombra nascosta (“Allied”) è il film thriller di Robert Zemeckis, con Brad Pitt e Marion Cotillard.

La capacità visionaria di Robert Zemeckis appare già nella scena iniziale di “Allied”, con l’uomo paracadutato a terra, tra la sabbia che lo circonda, e schiacciato dall’inquadratura dall’alto.

Max Vatan è quindi votato alla prostrazione, che poi diventa sentimentale. E il gusto da cinema retrò è presente nei dialoghi, quando Max è in auto con la compagna Marianne Beauséjour (Cotillard), dovendo far guidare il protagonista e avendo anche l’esigenza di spiegare la trama e gli antefatti.

Dai tre quarti la storia diventa dialogata in maniera eccessiva, tra bevute di caffè e aperitivi. Come se i fatti si delineassero solo tramite il cibo, escamotage peraltro presente nei film noir degli anni ’40, da “La fiamma del peccato” (1943) a “Casablanca” (1942). E il carattere ambiguo di Marianne compare già nelle frasi non dette, nel modo di guardare Max: solo quando si esercita con un fucile fa comprendere anche la sua carica guerriera, che presagisce altri tradimenti.

Da qui si passa al matrimonio, alla nascita della figlia, come una famiglia normale, seppure in un contesto di spie: in una scena i due estraggono da sotto un tavolo dei fucili e mitragliano contro gli avversari.

La storia di una coppia i cui partner devono assassinarsi a vicenda può essere intrigante, ma è complicata da svolgere senza una trama adeguata. E la sceneggiatura di Steven Knight (“Piccoli affari sporchi”, “La promessa dell’assassino”) non si sviluppa per linee divergenti, ma solo convergenti verso i due protagonisti. Non ci sono atteggiamenti che i due eseguono fuori del loro ménage, neanche una liaison con la figlia Anna neonata, oppure una divergenza di prospettive. O si amano, o s’insospettiscono a vicenda.

Knight ha evinto la trama del film ascoltando la vicenda di due spie della Seconda Guerra Mondiale sotto copertura che si sono innamorate, per poi essere messe mortalmente una contro l’altra quando le loro vere identità si sono scoperte. E pareva un’ambientazione ideale per Zemeckis, che da “The Walk” (2015) a “Cast Away" (2000) si trova ad agio nelle unità di luogo, siano esse una corda di un funambolo o un’isola, oppure l’ambientazione di Casablanca in cui si svolge il film. Uno degli snodi su cui si basa il film è infatti la Intimate Betrayal Rule, ossia la regola per cui se due agenti si sposavano e uno di loro scopriva che il partner divulgava segreti alla parte nemica, era necessario giustiziare il partner, se non si voleva essere condannati con l’impiccagione per alto tradimento. Una regola simile poteva dare adito a ben altre scelte, che non amplessi dentro un’auto sferzata dalla sabbia.

Come accade nel recente cinema di Hollywood, sono la scenografia, la fotografia, gli effetti speciali a motivare la visione del film, che lo fanno svettare rispetto alla concorrenziale visione di serie tv on demand, le quali certamente non costano 85 milioni di dollari come “Allied”. Anche per “IL GGG - Il grande gigante gentile” di Steven Spielberg è l’aspetto immaginifico che deve condurre lo spettatore al cinema, più che quello narrativo. E su questo versante in “Allied” la fotografia di Don Burgess, la scenografia di Gary Freeman e gli effetti VFX di Kevin Baillie riescono in ciò per cui in “Casablanca” bastava il borsalino di Humphrey Bogart.

© Riproduzione riservata




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