Recensione Insyriated, quando la guerra entra nelle nostre case
Insyriated, nelle sale dal 22 marzo.

Insyriated è il secondo film da regista di Philippe Van Leeuw, premiato al recente Festival di Berlino, nella sezione Panorama dal pubblico. È un film sulla guerra in Siria, raccontata attraverso gli eventi di un giorno, da un'alba a quella successiva, in casa di una famiglia allargata.
Oum
Yazan (Hiam Abbass) vive nel suo grande appartamento insieme ai tre
figli, il ragazzo della figlia maggiore, la domestica Delhani
(Juliette Navis) e l'anziano suocero (Mohammad Jihad Sleik). Con la
famiglia convive anche una giovane coppia di neo-genitori, Halima
(Diamand Abou Abboud) e Samir (Moustapha Al Kar): sono gli inquilini
del quinto piano, costretti a rifugiarsi da Oum. Nella palazzina
ormai non vive più nessuno, a parte gli inquilini del secondo
piano.
Halima e Samir hanno deciso di fuggire in Libano con
l'aiuto di un reporter francese. Quando Samir esce la mattina,
attraversando il cortile interno, viene raggiunto dal proiettile di
un cecchino, appostato chissà dove e da quanto tempo. La domestica
vede il giovane colpito, steso dietro una macchina. Dalle finestre
sono visibili, parzialmente, le gambe immobili.
Schede
Delhani
racconta l'accaduto a Oum, la quale le impone il silenzio. Nel
frattempo, Oum non riesce a mettersi in contatto con il marito e
spera di mantenere la situazione sotto controllo fino al suo
ritorno.
L'acqua scarseggia, rifornirsi è troppo pericoloso.
Dalle finestre entrano, sistematicamente, i rumori della guerra e la
famiglia è costretta a ritanarsi in cucina, il posto più sicuro di
una casa diventata un bunker.
Quando il cecchino si distrae e le bombe tacciono, arrivano gli sciacalli, che riescono a entrare nell'appartamento, in cerca di beni di valore da rivendere al mercato nero. Anche una creatura neo-nata può rivelarsi un affare, anzi. Halima e il suo bambino non fanno in tempo a chiudersi in cucina. Quello che accadrà dopo sancirà la sconfitta di mamma Oum. L'attaccamento alla vita, la volontà di proteggere la propria famiglia, nonostante gli accorgimenti e le precauzioni, non basteranno.
Insyriated
si apre e si chiude con un'alba che avvolge luoghi e protagonisti nel
blu ciano di un presagio funesto. Nel mezzo, assistiamo alla vita che
impone di andare avanti: c'è da cucinare, togliere la polvere di morte dai mobili, aspettare la tregua.
Nel bagno dell'appartamento di Oum
spiccano decine di spazzolini colorati, due smalti per le unghie, le
papparelle e il pesciolino. La vita, ribadisce il film, va avanti.
Insyriated racconta la guerra dal punto di vista dei civili coinvolti. Come ha sottolineato lo stesso regista belga, è una storia che potrebbe essere ambientata ovunque e in qualsiasi tempo di guerra in cui le popolazioni civili sono abbandonate a se stesse: a Beirut come a Sarajevo; nella Versavia del 1943 come nella Berlino del 1945.
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