Borderlands 3, recensione videogame per PS4 e Xbox One

Games / Recensione - 20 September 2019 14:00

Il looter shooter di Gearbox in tutto il suo splendore

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Borderlands 3 è lo sparatutto in prima persona di Gearbox, un looter shooter dalla forte componente da gioco di ruolo, il più valido e divertente esponente di un genere dal quale hanno poi tratto ispirazione grandi produzioni cooperative dell’attuale generazione, quali Destiny e The Division. La forte vena ironica che tratteggia personaggi e narrativa, un gameplay esplosivo e pirotecnico, uno stile visivo che unisce realismo e cartoon, sono i pilastri di un terzo capitolo che migliora e potenzia qualsiasi aspetto della serie principale di Borderlands, assente da ben sette anni dalla scena videoludica.

Borderlands 3
JACK IL BELLO LO FACCIO IO

La trama di Borderlands 3 riveste un’importanza centrale all’interno dell’esperienza di gioco, cercando di tratteggiare un mondo logoro, velenoso, provocante, con missioni principali e secondarie che spingono il giocatore a scoprire location e retroscena della vita dei personaggi. Si parte dalla nostra presenza all’interno del gruppo dei Cacciatori, uniti nell’intento di proteggere e scoprire il potere delle Cripte, luoghi misteriosi e dalla sconfinato fascino per qualsiasi abitante dotato di una bocca da fuoco. La chiamata di Lilith, vecchia conoscenza della serie a capo dei Crimson Raiders, apre le danze: nel nostro balletto, fatto di sparatorie e fuochi d’artificio a base di piombo, si stagliano le fastidiose ed egocentriche figure dei Gemelli Calypso. Il commiato di Jack Il Bello, uno degli antagonisti più carismatici, folli e meglio scritti nei videogiochi lascia quindi il posto a una doppia nemesi che, tuttavia, non convince per caratterizzazione e fascino. La narrativa, non a caso, trova un nuovo e più interessante sviluppo nella seconda parte, quando il duo lascia il respiro a nuove e vecchie conoscenze, che ampliano e donano maggior freschezza alla storia, con una sceneggiatura capace di ritrovare una vena ironica più fluida e naturale. La sensazione è che proprio nell’apertura al mondo di Borderlands, fatto di magnati e derelitti, nella dicotomia tra le varie personalità di corporazioni e aziende, si delinei un universo più credibile e vivo, fatto di dialoghi pungenti ed eccessivi.

L’IMMACOLATA CRIPTA DI PANDORA

Il gameplay di Borderlands 3 è un’evoluzione dei precedenti capitoli, con una solidità nel combattimento e nella progressione che denota un’attenta e scrupolosa ricerca nel bilanciamento e perfezionamento dell’esperienza di gioco. La fase da sparatutto si fa più fisica e pesante nei colpi, con un ottimo feedback anche sonoro delle varie armi, qui vere protagoniste della struttura ludica. Le centinaia di armi, che si possono trovare come bottino, hanno una caratterizzazione estetica e concettuale davvero unica, tra bonus e danni elementali, con differenti combinazioni che possono essere provate per definire il nostro stile di gioco. Come non mai in un looter shooter, quindi, si prova un sano e stimolante senso di scoperta e novità, dove ad ogni drop leggendario è forte e palpabile la curiosità di scoprire caratteristiche e sfumature dell’arma trovata. I quattro personaggi tra cui possiamo scegliere cambiano l’approccio al gioco, con un’offerta che ricorda da vicino le classi dei GDR. Abbiamo così Zane, abile nell’uso delle armi da fuoco, Amara, Sirena con poteri elementali da maga/strega, Moze che è assistito dal suo Mech pesante, mentre FL4K è accompagnato da un animale da supporto. Salire di livello con il nostro Cacciatore (fino al level cap 50) presuppone lo sviluppo di tre alberi delle abilità, con una super differente a seconda del personaggio scelto: l’indole da gioco di ruolo viene fuori proprio qui, nelle statistiche e dotazioni che rendono il nostro alter ego una precisa build delle nostre esigenze ludiche, anche in chiave multiplayer, dove cooperare con altri giocatori online può richiedere una revisione e adattamento delle nostre skill.

LA DEFINIZIONE DEL CAOS

La grafica di Borderlands 3 è una tavolozza di colori e dettagli in toon shading, una tecnica che riproduce modelli e contorni come fossero disegnati a mano, uno stile che ricorda da vicino quello dei fumetti o dei cartoni animati. Il risultato visivo è un preciso e definito universo che si compone di ambientazioni varie e affascinanti, un’esplosione di colori ed effetti, un quadro nitido e pulito sublimato da 4K e HDR. La direzione artistica si conferma, come da tradizione Gearbox, molto ispirata, soprattutto in alcuni scenari che esulano dai vari cliché fantascientifici, anche grazie ad una maggiore varietà permessa dalla presenza di più mondi esplorabili. Lasciare Pandora ci porta a scoprire pianeti dalle tonalità e morfologie sempre diverse, con una divisione in macro-aree che rende il titolo libero ma non propriamente aperto come ci si poteva aspettare da un capitolo così a lungo atteso. Si prova difatti un leggero fastidio a scontrarsi contro muri invisibili e limitazioni nelle mappe, belle da vedere, sì, ma con una struttura che si mantiene strettamente legata alle missioni, senza quasi mai dare l’impressione di trovarsi in un mondo da esplorare e scoprire. La caratterizzazione visiva è comunque sempre ineccepibile, fluida (tranne rarissimi frangenti) e dotata di una personalità difficilmente riscontrabile in altre produzioni del genere. I combattimenti, poi, sono un vero e proprio tripudio di esplosioni e spettacolarità, soprattutto se condivisi con altri tre giocatori umani, dove il campo di battaglia si riempie e apre come fosse un enorme fuoco d’artificio virtuale.


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