Recensione film Bella addormentata, i dubbi tra morale e desiderio

Cinema / Recensione - 06 September 2012 06:49

Bella addormentata è l'ultimo film di Marco Bellocchio, con Toni Servillo, Michele Riondino e Isabelle Huppert

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Abbiamo visto alla Mostra de Cinema di Venezia Bella addormentata di Marco Bellocchio, film in concorso che affronta il tema dell’eutanasia. Lo spunto narrativo è la vicenda dei Eluana Englaro, ragazza che nel 2009 morì in maniera naturale per interruzione della nutrizione artificiale. Da questo motivo medico si addipana uno morale, quello del senatore Uliano Beffardi (un dimesso Toni Servillo) che deve votare una legge a favore dell’eutanasia, lui che aiutò la moglie malata a morire. La figlia è la cattolica Maria (Alba Rohrwacher) che sta lottando contro l’eutanasia, sebbene ad una manifestazione sotto l’ospedale dov’è ricoverata Eluana s’innamori di un ragazzo della fazione opposta, Roberto (Michele Riondino).

La narrazione procede per blocchi, concentrandosi poi sulla storia di Divina Madre (una algida Isabelle Huppert, nell'episodio migliore del film), attrice che accudisce la figlia Rosa, costretta a vivere grazie ad un respiratore artificiale. Divina Madre ha annientato la sua vita per Rosa, ha interrotto la sua carriera di attrice teatrale, tanto da compromettere il rapporto con il figlio Federico. Abita da sola in una villa, nella stanza dov’è Rosa due suore l’aiutano, seminando preghiere sempre “a voce più alta” durante le ore. Federico in un tentativo di liberare la madre da questa schiavitù, senza farsene accorgere stacca il respiratore della sorella: il padre interviene, ma la madre ha intuito il gesto e rimprovera il figlio. La donna alla fine chiede di togliere tutti gli specchi della casa.

L’altra vicenda è quella di un medico, Pallido (Piergiorgio Bellocchio) che tenta di impedire ad una disintossicata di suicidarsi, Rossa (una brillante Maya Sansa): la sorveglia nella stanza d’ospedale ogni ora, in un suo momento di distrazione Rossa apre la finestra e si getta di sotto. Ma Pallido riesce ad afferrarla.

Il tema dell’eutanasia è affrontato da Bellocchio come in un film a tesi, e come tale il rischio era quello dell’equazione morale: ogni episodio assommato all’altro avrebbe creato una soluzione, esprimendo in conclusione l’opinione del regista. Ma Bellocchio con scaltrezza evita questa pastoia, perché dà forza e vigore ad ogni episodio facendolo respirare di vita propria: Uliano e Maria alla fine raccontano di un rapporto paterno riconquistato, Maria e Roberto delle differenze caratteriali che costringono ad allontanarsi, Divina Madre e Federico  della difficoltà di recuperare un rapporto con la madre, Pallido della solitudine cui si cerca di uscire (lui a casa “non ha nessuno che lo aspetti”).

Roberto Herlitzka interpreta uno psichiatra del Senato, che dispensa ironia: ad Uliano che vorrebbe dimettersi dice “sei alla prima legislatura, se te ne vai ora non prenderai la pensione”.

Bellocchio non esprime la propria opinione, e la macchina da presa è sempre più presente sul volto dei personaggi. Rispetto all’asettico L'ora di religione (Il sorriso di mia madre) del 2002 è più appassionato alle storie che racconta, e osserva le vicende con disincanto, come nella scena in cui Rossa parla con Pallido. Prima gli racconta della non importanza della vita, lo pone di fronte ai propri dubbi e poi, mentre lui dorme, lo accudisce togliendogli le scarpe.
Chiedersi cosa ritenga dell’eutanasia è superfluo: con perspicacia la sua idea è scolpita nel personaggio di Pallido, interpretato dal figlio Piergiorgio Bellocchio. 

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