Jekyll, Chris Evans nei panni dell'immortale personaggio di Stevenson
L'attore di Capitan America sarà il protagonista dell'ennesimo adattamento ispirato al romanzo di Robert Louis Stevenson; la novità è che stavolta la storia si svolgerà nel

Chris Evans si è aggiudicato il ruolo di protagonista in “Jekyll”; il film sarà diretto dal regista di “Gangster Squad”, Ruben Fleischer, e prodotto dalla Lionsgate. Per il momento Evans è l’unico membro confermato del cast.
“Jekyll” si ispirerà non solo al celeberrimo romanzo dello scrittore scozzese R. L. Stevenson, “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”, ma anche all’omonima serie tv BBC del 2007, scritta da Steven Moffat (il ‘papà’ di “Sherlock” nonché attuale showrunner di “Doctor Who”). La serie è ambientata ai giorni nostri e ha come protagonista Tom Jackman (interpretato da James Nesbitt), un discendente del dottor Jekyll “originale” che soffriva a sua volta di uno sdoppiamento di personalità (di un disturbo della personalità). Jackman infatti si trasforma periodicamente nel suo alter ego, un essere dotato di abilità sovrumane e di un fascino magnetico, ma dal temperamento violento e imprevedibile. Le due personalità tentano di coesistere, ma nessuna delle due è in grado di ricordare cosa succede quando l’altra ha il controllo del corpo di Jackman. L’uomo decide così di abbandonare la sua famiglia, e di vivere in una specie di fortezza sotterranea con l’assistenza di un’infermiera.
Pochi romanzi, nella storia dell’Occidente, sono riusciti a radicarsi così profondamente nella cultura popolare quanto “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”. Dal 1886, anno della sua pubblicazione, ad oggi, ne sono stati fatti 123 adattamenti cinematografici, per non parlare delle versioni teatrali, dei radiodrammi, delle parodie ad opera di cartoni animati illustri come Bugs Bunny. E anche quando non si parla di adattamenti diretti, l’ispirazione è evidente: basti pensare all’Incredibile Hulk, al Due Facce dei fumetti di Batman, o al Gollum de “Il Signore degli Anelli”. Negli anni Novanta la storia di Stevenson è diventata anche un musical di discreto successo, intitolato semplicemente “Jekyll & Hyde”. Ancora oggi, il mito è più vivo che mai: presto arriverà la versione con Chris Evans, ma intanto Russell Crowe ha già fatto il suo debutto come Hyde ne “La Mummia”, primo capitolo del cosiddetto Dark Universe.
Ma a cosa si deve tanto successo? Al di là dell’enorme talento di Stevenson, la risposta forse è da cercarsi nel tema principale affrontato dal suo romanzo, ovvero il tema del doppio, dotato ancora oggi di un fascino inossidabile perché antico quanto l’uomo stesso. Lo scrittore scozzese non è certo stato il primo a raccontarlo, né l’ultimo: la dualità della natura umana è al centro di alcune tra le più grandi opere della nostra letteratura, da (solo per citarne alcuni) “Il sosia” di Fëdor Dostoevskij, a “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde, a “Il visconte dimezzato” di Italo Calvino.
Il tema del doppio (o del doppelgänger, termine usato per la prima volta da Jean Paul nel suo “Siebenkäs”), del conflitto tra il bene e il male, suscita in noi un interesse quasi morboso perché ci invita a porci domande sconcertanti sulla nostra natura, su cosa definisce davvero la nostra identità. La dualità è uno dei simbolismi più pervasivi della cultura occidentale, e affonda le sue radici nella mitologia. Nel zoroastrismo, Ahriman e Ahura Mazda sono due gemelli intrappolati in un’eterno scontro cosmico; Castore e Polluce, figli gemelli di Zeus, formano una costellazione nel cielo, e quando Castore muore Polluce condivide con lui la sua immortalità. Le figure dei gemelli tornano anche nei miti che raccontano la nascita di un popolo o di una città: basti pensare a Caino ed Abele, a Romolo e Remo.
Nell’età moderna, a partire soprattutto dal Romanticismo, la dualità per eccellenza è quella incarnata dal conflitto tra la ragione e il sentimento, tra la razionalità e le pulsioni inconsce. Il doppio, il doppelgänger, è la figura attraverso la quale l’uomo esplora i suoi istinti più oscuri e inconfessabili, fino ad arrivare a mettere in discussione la sua stessa percezione della realtà. Lo sdoppiamento della coscienza manda in cortocircuito le certezze e l’ordine dati dalla società, dall’intelletto, e spalanca le porte di un mondo attiguo a quello reale: è il mondo della fantasia, dell’inconscio, del puro istinto.
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