Incontro con Carlo Verdone e Antonio Albanese: 'L'abbiamo fatta grossa' e il film politico del regista
"L'abbiamo fatta grossa" è il film di Carlo Verdone con Antonio Albanese. La trama è composta di equivoci e sketch comedy, il regista chiude il film con una inedita critica pol

Mauxa ha partecipato all’anteprima a Roma del film “L’abbiamo fatta grossa” di Carlo Verdone, interprete con Antonio Albanese. Nel cast ci sono anche Clotilde Sabatino e la cantante Anna Kasyan.
La trama del film segue Yuri Pelagatti (Albanese), attore teatrale separato dalla moglie perché la tradiva: sul palco comincia dimenticare le battute e viene licenziato. Si rivolge così all’investigatore Arturo Merlino (Verdone), ex-carabiniere che abita con la zia vedova. Yuri teme che la ex moglie abbia una relazione con l’avvocato che ha seguito il loro divorzio, cerca prove e Arturo per cento euro decide di aiutarlo. Ma un equivoco li porta ad impossessarsi di una valigetta che contiene 1 milione di euro. I due sono dubbiosi se denunciare ai carabinieri il ritrovamento o tenerlo: decidono di nasconderlo un un impermeabile che apparteneva al defunto marito della zia. Quando i destinatari della valigetta scoprono l’accaduto cercano di recuperare il denaro, ingaggiando proprio Arturo come detective.
Il rapimento dell’amica di Arturo, Lena li convince a restituire il malloppo, anche se la ricompensa di 50 milioni di euro sarà foriera del loro arresto.
La nuova ironia di Carlo Verdone. È l’inanellarsi di sketch continui che rende nuovo il film rispetto ai precedenti di Verdone, come “Sotto una buona stella” (2014) e “Posti in piedi in Paradiso” (2012). “La suspense c’è - ci ha detto lo stesso regista alla conferenza - perché si parla di investigazione. In realtà volevo eliminare i problemi che erano mei precedenti film, come scontri generazionali. Avendo Antonio Albanese nel cast si prestava a ciò, io devo sterzare. Da “Compagni di scuola” a “Maledetto il giorno che ti ho incontrato" se non facessi così non lavorerei da 37 anni. Non sono un geometra”.
La tensione da commedia classica americana degli anni ’60 si stempera con battute fulminee: “La sedia e mia”, dice Yuri inseguendo i netturbini che gli hanno portato via una sedia a rotelle: “Se era tua mica stavi a corre’. Nun ce prova”, gli rispondono. In un’altra scena Yuri della ex moglie dice: “È un po’ snob”; “sta con un altro, non è snob” ribatte Arturo.
La coppia comica. I caratteri opposti dei due personaggi fanno incedere l’azione, tra gesti apparentemente ingiustificati e conseguenze razionali. Verdone sceglie quindi la strada del rocambolesco, segnando una strana presa di coscienza su come uscire dal racconto dei mutamenti sociali che lui ha sempre raffigurato: se nei precedenti film era il clima familiare oppressivo ad essere motivo dell’azione, qui è semplicemente il divertimento schietto e quotidiano, che indica quasi una strada di svolta. I problemi non è più necessario che vengano risolti, possono essere dimenticati.
Alcuni snodi della sceneggiatura sono troppo veloci e immotivati, come quando la proprietaria della valigetta va proprio allo spettacolo in cui recita Yuri e lo riconosce; oppure in un centro di raccolta di abiti per poveri i due ritrovano proprio l’impermeabile milionario. Ma sono passibili di dimenticanza, rispetto al racconto ironico e beffardo: “Carlo è uno dei grandi che ha ritratto l’italiano medio - dice Albanese in conferenza - Ho visto “Grande, grosso e Verdone” quando avevo 18 anni. Mi piacerebbe dirigerlo, sfiancarlo”.
Gli stessi scorci mostrano una città, Roma non plastificata: il quartiere Castrense, il Nomentano, squarci di Monteverde Vecchio, il quartiere Aurelio, Centocelle e il Trionfale. La fotografia di Arnaldo Catinari rende vivi i colori, esaltando la normale quotidianità mai come in questo film ambita. L’intento è proprio quello di avvicinare gli spettatori, “lavoriamo insieme dal 2004 - dice il produttore Aurelio De Laurentiis - il pubblico è stato sempre compiacente”.
Il finale, volutamente politico resta amaro e sarcastico: “Dicendo la verità, loro finiscono in carcere - chiosa lo sceneggiatore Pasquale Plastino - Ciò che accade in carcere è ciò che rimane a loro”.
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