Festival di Venezia 2016: l'omaggio a Abbas Kiarostami e al suo raro cinema

Cinema / Festival / News - 01 September 2016 08:00

Al 73esimo Festival del cinema di Venezia si omaggia Abbas Kiarostami, con tre opere ancora inedite.

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Alla Mostra del cinema di Venezia abbiamo incontrato il direttore Alberto Barbera che ha presentato alcuni lavori inediti di Abbas Kiarostami, il regista iraniano scomparso il 4 luglio 2016.

"Lo conobbi quando andavo in Iran per cercare film da portare prima al Festival di Torino poi a Venezia - dice Barbera - Il suo lavoro fotografico era molto significativo. Nel 2003 realizzammo a Torino una mostra fotografica, e organizziamo anche un workshop di due settimane in cui si produssero cortometraggi".

Barbera racconta anche con commozione il rapporto instaurato: "Abbas aveva questo dono straordinario di cambiare la visione del cinema alle persone che lo frequentavano".

È poi intervenuto il figlio di Kiarostami, Ahmad insieme a direttore della fotografia Samadian Seifollah che ha lavorato con lui per decenni. "Anche per me è la prima visione del lavoro - dice Ahmad - Due anni fa al Marrachess film festival fu organizzato un ennesimo workshop con mio padre, era difficile capire chi fosse il docente e lo studente. Anche Martin Scorsese era lì e ha parlato a lungo con gli studenti. Tutti si preparavano per ospitare Martin, ero innervosito e chiesi a mio padre: 'perché tutti sono indaffarati con Martin e non con te?'. Lui mi rispose: 'Hai visto Martin, ama queste grandi produzioni. Hai anche visto i miei film. Quelli riflettono Martin, lui è coerente con se stesso. Se io facessi film come lui sarebbe ridicolo".

Riguardo agli ultimi anni Kiarostami si dedicava alla fotografia: "È questo il lavoro proposto oggi. Tante fotografie, scattate proprio in Italia. S'intitola 'Take me Home'. Il secondo è il corto '24 Frames', che fa parte di una serie di corti".

In effetti 'Take me Home' propone foto in bianco e nero di scalinate di paesi italiani, scavati dal sole. Su queste scale comincia a scendere un pallone, che inesorabile percorre tutti le fotografie. Il pallone è aggiunto in digitale, con un'enfassi sonora acuita ogni volta che tocca un gradino.

In "76 minute and 36 seconds with Kiarostami" vediamo il regista in un luogo innevato alla ricerca di scorci da fotografare, volpi, volatili. Nella camera oscura cerca poi di fare ordine in queste foto, ironizzando anche sul premio per il lavoro svolto:"un bignè alla panna. Che c'e di male?".
Sulla spiaggia riprende un gruppo di nature, mentre lui distribuisce del cibo: gli animali si avvicinano, poi torniamo Kiarostami in sala di montaggio mentre ricrea i rumori dei passi dei volatili con del riso, per poi sincronizzare le immagini con il suoni.

Lo sguardo poi si posa su treni fermi, alberi fotografati con il grandangolo, considerato "la più grande invenzione di Dio", marce militari, l'incontro con una giovane ragazza neo-laureata con cui ha lavorato, la creazione della locandina di "Copie conforme" con i font dei caratteri da modificare.
Lo rivediamo in un auto, mentre fotografa il paesaggio mentre bagnato da una fitta pioggia. Scatta le foto attraverso i finestrini, il risultato sono immagini con la pioggia che solca i vetri. "Guarda la varietà delle docce di pioggia", dice Kiarostami. Il suo rimane un tipo di cinema raro, reso sottile pennellata in un momento in cui il cinema tende al graffitismo.

In "24 Frames" dall'interno di una stanza la macchina da presa è ferma ad inquadrare una finestra, con una tenda abbassata a metà. Oltre la tenda si scorge un'ombra, di un animale ovale in movimento, forse un piccione. Dai vetri si scorgono due piccioni, poi la luce si fa soffusa lasciando trascorrere del tempo. Giungono due pulcini, altro tempo passa e l'ombra scende rivelandosi un piccione, che si avvicina alla sua compagna.

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