La Natura Umana Si Pone Domande. Amleto Di Lella Costa

Daily / News - 17 November 2008 16:36

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Partendo dalla narrazione della storia scritta da Saxo Grammaticus e ripresa da Shakespeare nell'Amleto, Lella Costa reinterpreta e racconta una tragedia che in molti credono di conoscere, ma in pochi effettivamente hanno letto. Amleto è al quinto posto per ciò che riguarda gli eroi più amati e conosciuti nella storia. Sulla carta.

Grazie allo spettacolo di Lella Costa, scopriamo che Amleto è un'icona un po' stigmatizzata e obsoleta che fa parte di una cultura che diamo per scontata ma che in realtà non conosciamo affatto. L'attrice ci racconta il personaggio, svelando simpaticamente anche dei falsi miti (il famoso cranio non è quello del padre bensì quello di Yorick, il buffone di corte con cui Amleto giocava da bambino, mentre l'"Essere o non essere" non è pronunciato da Amleto con il teschio in mano, ma in un altro momento della tragedia. Così immagine dopo immagine, la vicenda di questo eroe prende corpo sul palco nudo in cui da sola la Costa si muove.
La scenografia è scarna: costituita da una pedana quadrata inclinata, posta di sbieco, con un buco al centro da cui emerge e in cui si nasconde l'attrice. E' la ricostruzione di quella usata da Shakespeare nel Seicento nella sua prima rappresentazione dell'opera. È un richiamo al teatro elisabettiano e ai suoi scarni trucchi teatrali, come i sacchi di mele per rappresentare i cadaveri in un'epoca in cui la fantasia era molto più sviluppata di oggi e la gente meno avvezza agli artifici scenografici.  Il racconto si fa storia, la leggenda mito, il teatro cultura. Il testo è ben scritto e scorre fluido sulle labbra di Lella Costa. Amleto, ci racconta l'attrice, ha una lunga tradizione storica e quello di Shakespeare è una sorta di remake che però stravolge la storia. E qui inizia la magia dello spettacolo. Chi è Amleto? Il pubblico viene preso per mano e invitato a porsi l'interrogativo. Un interrogativo che altrettanto inevitabilmente lo riconduce e lo accomuna allo sfortunato principe: Amleto è il pubblico presente in sala, è ogni uomo, è ognuno di noi. È la natura umana che si pone delle domande. "Essere o non essere?", "Lo chiamo o non lo chiamo?", "Vado avanti o mollo tutto?".  L'incipit di quello che forse è diventato il monologo teatrale più famoso del mondo altro non è che l' interrogativo che tutti, quotidianamente, ci poniamo per questioni più banali o anche fondamentali per la nostra vita. Amleto, scrive Ilaria Sudati, "è il primo, l'archetipo: il primo intellettuale infelice, la radice di tutte le storie umane, attorno a cui ruotano temi sempre attuali come la politica, l'amore, la sete di potere, la violenza." 

Ma cosa voleva raccontare Shakespeare con questa storia che lui stesso fa diventare tragedia? Del tempo. Del tempo che passa tra una confessione e un giuramento e il tempo di attuazione del giuramento stesso, quello che Amleto figlio fa ad Amleto padre. E che fatica portare il nome del padre, specialmente quando quello stesso padre è defunto! Tra una battuta e l'altra, un occhio alla storia e la politica moderna ed uno al passato, lungo un susseguirsi di parole e scioglilingua, di ritmi incalzanti e poesia, Lella Costa ci regala un magnifico spettacolo e ancora di più una memorabile lezione sul teatro elisabettiano, su uno dei più grandi autori di tutti i tempi e su Amleto: personaggio ambiguo, enigmatico affascinante. Amleto che aspetta, incastrato in un tempo che è fuori squadra. Un tempo indefinito, sospeso; il tempo della follia forse, ma anche quello della giovinezza,quando non si è più bambini, ma non si è ancora uomini, durante il quale tutto si vive con grandezza. È il periodo del grande amore, dei segreti, della forza, del coraggio, della volontà di ribellarsi. È il tempo dei cambiamenti e della giustizia.

Si può affermare che la ri-lettura di Lella Costa sia incentrata proprio sul tempo e sull' adolescenza.
Intorno ad Amleto, fuori dal suo tempo e dalla sua realtà, ruotano tutti i personaggi: la regina Geltrude,  Polonio, Laerte, Claudio, Ottavio e Ofelia. Ofelia, vittima e ingenua, Ofelia, amata e sacrificata da Amleto perché purtroppo in guerra e in amore tutto è permesso.

La guerra: la sciocca guerra spesso fatta per altrettanto sciocchi e insulsi motivi, come quello di "accaparrarsi un pezzo di terra che non basta nemmeno a ricoprire i morti". Ieri come oggi. C'è del marcio nel mondo, non solo in Danimarca.
Tuttavia il messaggio di Lella Costa vuole essere un messaggio di speranza. Se l'eterno dubbio tra il fare o il non fare qualcosa sembra inevitabilmente condurre alla distruzione totale, come avviene nella tragedia di Shakespeare, e se la distruzione è anche la fine dei sogni di ragazzo e l'inizio della maturità, c'è la speranza che gli uomini, una volta conquistata questa maturità, si rendano comunque degni di vivere e continuino a lottare per la ricerca della verità. Come farà Orazio alla fine della pièce.
"Non conta quello che hanno fatto di noi - dice Ofelia-Lella Costa - ma quello che noi abbiamo fatto di ciò che hanno fatto di noi".
Complici insostituibili di questo viaggio nelle profondità del teatro, che ha debuttato a Bologna lo scorso anno, sono il regista Giorgio Gallione, che già aveva diretto l'attrice nel 2005 in Alice, una meraviglia di paese, e Massimo Cirri, che lavora al suo fianco ormai da vent'anni.  Le musiche originali sono firmate da un grande del jazz, il pianista Stefano Bollani, i costumi sono dello stilista Antonio Marras, le scene di Guido Fiorato.

 

Regia: Giorgio Gallione. Drammaturgia: Lella Costa, Giorgio Gallione, Massimo Cirri Attori: Lella Costa. Musiche: Stefano Bollani. Costumi: Antonio Marras. Scenografie: Guido Fiorato. Produzione: Irma Spettacoli.

 

 

© Riproduzione riservata


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