Smetto quando voglio - Masterclass: 'il mio personaggio è l'action man della banda', intervista a Marco Bonini

Cinema / Intervista - 07 February 2017 07:30

Mauxa intervista Marco Bonini, attore del film "Smetto quando voglio - Masterclass".

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Smetto quando voglio - Masterclass è il film commedia di Sydney Sibilia nelle sale. Sequel di “Smetto quando voglio” (2014) racconta di una banda di ricercatori universitari disoccupati, alcuni arrestati per vari reati tra cui la composizione di una sostanza creata chimicamente e che si rivela stupefacente. Ora la banda ha la possibilità di uscire dal carcere e riunirsi per redimersi (leggi la recensione del film).

Mauxa ha intervistato l’attore del film Marco Bonini.

D. Nel film “Smetto quando voglio . Masterclass” interpreti Giulio Bolle. Ci puoi raccontare il tuo personaggio?

Marco Bonini. Giulio è il nuovo membro della banda dei ricercatori. È un “cervello in fuga” anche se lui non ama questa definizione. "Il termine fuga non è esatto, noi non siamo scappati - specifica Giulio - ci hanno cacciato, è diverso!". Anatomista di fama internazionale Giulio Bolle è stato “costretto” all'espatrio in seguito ad una ”leggera diatriba teoretica sul merito della mia tesi di ricerca, nata proprio in sede di discussione con i miei stessi relatori… Diatriba che ha effettivamente avuto una leggera deriva fisica... ma dei 7 professori coinvolti, nessuno ha avuto una prognosi superiore ai 15 giorni! - spiega Giulio - Ma di cosa stiamo parlando! È evidente che l'accusa di rissa aggravata è stata totalmente strumentale e di stampo cospirazionista. La verità è un'altra, è che per quelli come noi, caro Pietro, in Italia non c'è spazio... dietro quella che la giustizia italiana chiama ‘clandestinità’ si nasconde un ben più amaro esilio forzato”.

D. Quindi Giulio rappresenta la possibilità di un riscatto all’estero?

M. B. C’è da dire che Giulio non nasconde un velo di amarezza quando spiega a Pietro che comunque all'estero le cose vanno diversamente, per un anatomista come lui c'è spazio, rispetto monetizzato in una adeguata retribuzione. Quando Pietro Zinni lo recluta per la sua impresa Giulio Bolle è latitante in Tailandia dove si mantiene mettendo a frutto le sue profonde conoscenze anatomistiche facendo incontri di street fighting. Pietro è sorpreso dell'evoluzione, anche estetica di Giulio che sembra ora più un santone zen che l'intellettuale che ricordava. Pietro tuttavia è sicuro: Giulio è l'anello mancante della sua banda. La proposta di Pietro di ripulirsi la fedina penale si mischia bene con un po’ di nostalgia di casa e il gioco è facile per Pietro Zinni. Il prof. Giulio Bolle sarà l'action man della banda, il guastatore, la testa d'ariete delle azioni più pericolose. Insomma, il picchiatore più colto della storia della malavita.

D. Il film racconta anche la difficoltà di redimersi.

M. B. Se ti riferisci al riscatto sociale dei ricercatori, sì. È il tema centrale del film.

D. Hai lavorato anche a varie serie tv, tra cui “Come fai sbagli”, “Un medico in famiglia” e a teatro. Cosa preferisci?

M. B. Recitare è un po’ come fare il falegname, lavorare e trasformare il legno è sempre meraviglioso ed è sempre lo stesso tipo di lavoro, sia che si faccia un comodino stile impero in mogano o un tavolaccio da osteria in abete. L'importante è che il cliente sia contento e ritorni anche solo per un cassetto da sistemare.

D. Se potessi rinascere in un personaggio storico, quali vorresti essere?

M. B. Faccio l'attore proprio per avere la possibilità di interpretarli tutti.

D. Hai un libro preferito?

M. B. “La Critica del Giudizio” di Kant. In particolare la prefazione di quel libro: in quelle trenta pagine c'è nascosto il segreto della nostra natura umana, la capacità di creare metafore, quadri, poesie, comodini stile impero e tavolacci da osteria. E allo stesso tempo la capacità di riconoscere e godere della creatività degli altri esseri umani. In una parola in quelle poche pagine Kant ci spiega come sia possibile conoscere e ri-conoscere.

D. Come è stato il rapporto lavorativo con gli altri attori?

M. B. Lavorare con quei colleghi è un piacere unico, sono tutti bravissimi. Edoardo poi è praticamente mio fratello, siamo cresciuti insieme, nello stesso palazzo e ritrovarci dopo trentacinque anni di amicizia ancora a giocare insieme come facevamo al cortile è qualcosa che non credo di poter spiegare in un’intervista.

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