Jackie, 'la figura di John Kennedy ispira milioni di persone': intervista all'attore del film Caspar Phillipson

Cinema / Intervista - 06 March 2017 07:30

Mauxa ha intervistato Caspar Phillipson, che interpreta John Kennedy nel film "Jackie" con protagonista Natalie Portman

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Mauxa ha intervistato Caspar Phillipson, l’attore che nel film “Jackie” di Pablo Larrain interpreta il Presidente John Kennedy, accanto al Natalie Portman nel ruolo della first lady Jackie (leggi la recensione del film).

Il film racconta i giorni successivi all’assassinio del Presidente degli Stati Uniti nel 1963, e il travaglio della moglie Jackie.

D. Nel film “Jackie" interpreti il Presidente John Kennedy. Come ti sei trovato in questo ruolo fondamentale?

Caspar Phillipson. Essere JFK in “Jackie” era molto eccitante come attore. È una persona di cui tutti conoscono in maniera chiara la vicenda. All’inizio anche io credevo di intuire la sua figura, ma quando ho iniziato a leggere su di lui ho compreso che in realtà ne sapevo poco. Per me lui è una persona piena di contraddizioni - il suo amore per la vita e la sua salute ne sono esempi chiari - ma anche di azioni come Presidente. Le sue politiche possono essere fonte di confusione, avendo anche prestato attenzione alla fase della rielezione: così i risultati non sono tanti quanti le sue idee o ambizioni potevano suggerire.

D. Il mito lo ha poi precorso.

C. P. Sì, John Kennedy ha ispirato la nazione a credere nella speranza, al progresso e all’uguaglianza per tutti. E ispira ancora milioni di persone, l'amore degli americani per JFK è molto grande. Ho avvertito questo soprattutto quando abbiamo girato le scene della coppia Kennedy, in arrivo a Dallas. Naturalmente tutti coloro che recitavano nel ruolo di fan del Presidente sapevano che c’era una macchina da presa, ma tra questo clamore molte delle comparse voleva dire: “Ciao”, fare selfie, raccontare il loro amore per il Presidente. È stato abbastanza travolgente, un’esperienza meravigliosa.

D. Come ti sei immedesimato nel ruolo?

C. P. Lavorando sulla parte ho dovuto parlare come Kennedy, e la sua famiglia è ben nota per il dialetto americano. Proviene dal nord-est degli Stati Uniti, ma l’accento è anche mescolato con un po' di britannico-inglese. Il padre era un grande anglofilo, è stato ambasciatore degli Stati Uniti in Gran Bretagna per diversi anni. È stato divertente per me lavorare sul linguaggio del mio personaggio: ho usato molte registrazioni di JFK.

D. Sul set così come il rapporto di lavoro con gli altri attori?

C. P. È stato fantastico. Gli attori erano disponibili, tutti i passaggi sono stati molto intuitivi, anche se c'era una grande attenzione per i dettagli. Il regista Pablo Larraín ha lavorato instancabilmente per ottenere il meglio da ogni scena. A volte improvvisando, talvolta con indicazioni specifiche, a seconda della natura della scena.

D. Il lavoro con Natalie Portman come si è svolto?

C. P. Vuoi sapere come è stato lavorare con Natalie? È stato meraviglioso. È esattamente generosa e affabile come ci si aspetterebbe. È in cima, come attrice di di talento.

D. Il film racconta anche come reagire alla sofferenza. Sei d’accordo?

C. P. Credo che il film racconti con molta chiarezza una storia di dolore. Naturalmente tutti noi reagiamo individualmente, ma la profondità della comprensione umana nel film è per me una grande qualità. Jackie Kennedy ha dovuto mantenere il proprio personaggio pubblico anche dopo che la sua vita è stata lacerata. E la rappresentazione di Natalie di queste complessità è perfetta.

D. Hai lavorato anche in teatro, ne "Les Misérables”, "Arancia Meccanica", “Arsenico e vecchi merletti”, e in tv con la serie “Dicte". Quale ruolo vorresti interpretare?

C. P. In tv ci sono più minuti registrati al giorno rispetto per il cinema, e certamente preferiscono avere il tempo di indagare tutte le possibilità della scena che stiamo realizzando. Una sensazione irritante durante le riprese, è quello di tornare a casa la sera e improvvisamente pensare: “Oh, questo è il modo con cui avrei voluto fare la scena”. Al momento siamo in un periodo d'oro della tv, e il modo in cui gli attori possono costruire ed espandere i personaggi su una stagione di una serie - o anche diverse stagioni - è molto eccitante.

A teatro è possibile rivedere il personaggio, puoi svilupparlo: amo sia il dramma classico che la farsa, o il teatro musicale. Il ruolo che amerei interpretare? Quando ci si sente in connessione con i tuoi colleghi attori, e con il pubblico in sala, e si può credere che i cuori di tutti battano insieme, questo è il ruolo da sogno.

D. Hai un film italiano preferito?

C. P. Penso a "Il postino". Mi è piaciuta la storia, la poesia, la bella fotografia e la musica. Ho amato "La vita è bella”. Non ho ancora visto "La meglio gioventù", ma mi aspetto molto dal film. E naturalmente vedrò "Fuocoammare" il più presto possibile.

Poi sono stato spesso in Italia: a San Vito Lo Capo, con immersioni in mare, poi ad Erice. Un mio amico ha una casa alle porte di Dolceacqua, e sono stato lì con la mia famiglia, preparando la limonata dai limoni colti dagli albero. Questo è molto speciale per noi che veniamo dalla Danimarca nel nord!

D. È vero che usi molto la tecnologia?

C. P. In generale nella mia vita privata trascorro più tempo possibile con la mia famiglia, mia moglie e i miei tre bambini. Viaggiamo quando è possibile, quest'anno abbiamo trascorso la notte di Capodanno in Tanzania, ipnotizzati dalla natura potente e dalla fauna selvatica, innamorati dello Swahili. Poi suono il pianoforte. Però è vero, sono sempre online. Sono un drogato di notizie, e il modo in cui il mondo sta cambiando in questo momento mi interessa molto, anche per comprendere come possiamo proteggere la nostra democrazia. Abbiamo bisogno di ricordare che occorre fare sempre uno sforzo per capire l’altra persona, cooperare con rispetto e umanità. Abbiamo bisogno di costruire ponti, non costruire muri.

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