Intervista allo scrittore Luigi Guicciardi

Libri / Intervista - 10 March 2024 09:00

Donne che chiedono giustizia. La ventiquattresima indagine del commissario Cataldo

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Quando ha creato il personaggio del commissario Cataldo, protagonista dei suoi romanzi, si è ispirato qualcuno in particolare?

In particolare, a nessuno. Però, nella ricerca del cognome “giusto”, mi sono ispirato alla città di Modena, in cui sono ambientati i miei romanzi (“Se vuoi essere universale, parla del tuo paese” consigliava anni fa un celebre scrittore). Mi serviva infatti un cognome meridionale per motivi di realismo (nelle questure dell'Emilia-Romagna la maggioranza del personale proviene dall'Italia del Sud), ma che fosse al tempo stesso usuale alle orecchie dei lettori modenesi, i primi ai quali allora mi riferivo. E San Cataldo, appunto, è la denominazione del nostro cimitero...

Cosa l'ha spinta a essere uno scrittore, un romanziere di thriller?

Ho sempre letto, dal liceo in poi, molti romanzi gialli, che per me significavano evasione, vacanza dagli studi rigorosi e severi della letteratura, del greco e del latino. Finché molto più tardi, alla fine degli anni '90, ho vissuto un momento di insoddisfazione, non trovando più mysteries che mi appassionassero, e allora, visto che da lettore conoscevo i meccanismi e le strutture del genere, ho provato a scrivere da me un giallo in cui poter esprimere ciò che stavo cercando. E' nato così La calda estate del commissario Cataldo (Piemme, 1999), poi tradotto in tedesco e in inglese, e da lì ho continuato.

C'è un autore che preferisce, che rilegge volentieri?

Sì, Jo Nesbo. Apprezzo di lui sia la capacità di mantenere pagina per pagina, fino alla fine, una costante tensione narrativa, sia l'imprevedibilità dello scioglimento finale, capace di spiazzare il lettore con soluzioni e colpi di scena plurimi. Ma dopo di lui, a breve distanza, altri stranieri, per motivi diversi e peculiari: dico Michael Connelly, Hakan Nesser, Don Winslow e, ultimamente, Guillaime Musso.

Il suo libro preferito?

Tra i gialli? Un classico. Tuttora, Maigret e il caso Saint-Fiacre di Simenon, per qualità di scrittura, spessore psicologico dei personaggi, pittura d'ambiente e complessità del plot. Se escludiamo i gialli, invece (e rischiando l'impopolarità), I promessi sposi manzoniani, che ho studiato a fondo e di cui ho curato anche in passato un'edizione scolastica.

Può anticipare qualcosa del suo prossimo progetto letterario?

Volentieri. Il mio prossimo giallo uscirà in autunno e sarà la terza indagine di un personaggio di fresca nascita, il giovane commissario Torrisi. Dovrebbe intitolarsi Nessuno si senta al sicuro e sarà incentrato sul tema attualissimo – etico e civile – dell'espianto e del trapianto degli organi.

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