Venezia 81: recensione film Diva Futura, giocose ambizioni
Scopri la recensione di Diva Futura, il film in concorso a Venezia 81 con Pietro Castellitto: trama, cast, critica
Riccardo Schicchi (Pietro Castellitto) è un giovane in bilico tra passioni strambe – alleva gatti nel suo ufficio – e desiderio di innovare: decide di aprire un’agenzia che si occupa di attrici del mercato pornografico, e inizia con la conturbante Moana Pozzi (Denise Capezza). Siamo negli anni ottanta, e gli spettatori vanno al cinema in massa per esaudire le pulsioni erotiche: di questo si avvede Schicchi, che nella sua agenzia, Diva Futura, forma le giovani pornostar.
Moana Pozzi è determinata e volitiva, Ilona Staller (Lidija Kordic) è fintamente timida, Eva Henger (Tesa Litvan) è titubante nell’accettare il nuovo lavoro. Su queste crepe s’insedia la verve di Schicchi, aiutato dalla segretaria Debora Attanasio (Barbara Ronchi), che vorrebbe diventare giornalista.
Il mercato silente e le contraddizioni delle attrici del film erotici
Il film vive della duplicità di Schicchi: se da un lato mostra la sua tenacia imprenditoriale, dall’altro racconta come tale scelta sia votata all’illegalità. Infatti, Schicchi viene poi accusato di sfruttamento della prostituzione, e tale condanna mina la sua salute. Pietro Castellitto regala un’interpretazione solare e imprevedibile, come il personaggio che interpreta: tutto il cast risuona di quest’ aura di felicità art-house, quasi che la pornografia rifletta uno spirito giocoso anche nella messa in scena, con la scenografia esuberante di Cristina Del Zotto e la fotografia solare di Vladan Radovic. L’unica che soffre di tale situazione è Eva Henger, che dopo aver accettato di lavorare nel settore pornografico per pagare i debiti del marito Schicchi, si pente della sua decisione perché la marcherà per tutta la vita.
Il difetto di Diva Futura – diretto da Giulia Steigerwalt, già regista di Settembre – è essere troppo incentrato su aspetti concitati, che rendono il film troppo raccontato, glissando su alcuni punti che avrebbero meritato maggior racconto. Tra questi, il rapporto con le mogli, con i figli: se l’uso di toni comici concede un tocco surreale alle linearità della sceneggiatura, lo rende anche troppo incalzante. Il dramma interiore delle protagoniste non emerge mai, e il mercato del porno risulta come un contenitore che genera introiti senza poter regolamentare chi lo genera. Si tratta comunque di una sommarietà che non inficia la genuinità del film, che è uno dei più apprezzabili nel panorama recenti delle produzioni italiane.
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