Venezia 80: recensione del film Adagio
Adagio è il film in concorso alla Mostra del cinema di Venezia

Il regista
Stefano Sollima in Adagio riprende
la rappresentazione delle forze dell’ordine corrotte, come aveva fatto nel film
A.C.A.B. - All Cops Are Bastards. Qui
è un funzionario della polizia, Vasco (Adriano Giannini) ad aver ricattato
un giovane, Manuel Coretti (Gianmarco Franchini) affinché gli portasse le foto compromettendo di un politico.
Scopriremo in seguito il motivo del ricatto, mentre Manuel si accinge a dare una volta alla sua vita. Suo padre, Daytona (Toni Servillo) apparteneva alla banda della Magliana; colui che può aiutarlo, Polniuman (Valerio Mastandrea) – è cieco, e anche lui amico del padre. Il nuovo mentore di Manuel è Cammello – un irriconoscibile Pierfrancesco Favino – uscito di carcere dopo dodici anni.
L’ambiguità morale del film Adagio
Non c’è tregua in questo incendio morale, che è anche fisico: la periferia di Roma, infatti, avvampa di un fumo costante, mentre soventi blackout oscurano lo schermo. Il giovane Manuel è spinto da un personaggio all’altro, senza poter comprendere il suo errore. Sono proprio queste indecisioni narrative a minare la genuinità del film: spesso Adagio tende a ritardare escamotage narrativi che potevano essere proposti prima, e rendere la trama ancora più feroce.
La crudeltà delle forze dell’ordine – in questo caso i Carabinieri corrotti – è mostrata senza motivazioni ulteriori, e risulta evenemenziale. Ma accanto a questi buchi emerge la figura di Manuel, con Coretti che interpreta il suo ruolo con la naturalezza del mestiere: la sua purezza è inconsapevole, e per un errore commesso, è avvolto in una spirale di violenza, che culmina in una potente scena d’azione tra i binari di una stazione.
Il cast del film Adagio
Surreale è l’ambientazione del film, tra il fumo che comincia a invadere l’aria a causa degli incendi, e i colori saturi che rendono infernale Roma. Toni Servillo offre una delle sue performance migliori, in bilico tra finta smemoratezza e ferocia. Resta il rammarico per un film che avrebbe potuto rappresentare l’ambiguità della morale come un fendente, e si accontenta di essere un lieve solco.
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