Resident Evil 2, recensione videogame per PS4 e Xbox One

Games / Recensione - 30 January 2019 14:00

Resident Evil 2 è il miglior remake mai realizzato

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Doveva essere il mio primo giorno, tranquillo, fatto di sorrisi e qualche festone a tagliare il soffitto, bicchieri in alto, alla salute di qualcuno, pacche sulle spalle e il timido ringraziamento che anticipa la fine della libertà. Lavorare nel Raccoon Police Department non era poi un destino tanto malvagio, nella tranquilla cittadina del Midwest americano dove metà della popolazione vive grazie alla presenza della multinazionale Umbrella Corporation. Non volevo fare tardi a lavoro, proprio nel mio primo giorno, ma le strade sono ora stranamente occupate e infestate da orde di zombie, tra macchine e autobus in fiamme. La mia fortuna corre tra le vie intricate e apocalittiche della città: devo arrivare alla centrale di polizia per vedere cosa sta succedendo, cercare aiuto e trovare una spiegazione a tutto questo.

Resident Evil 2 è il remake del videogioco uscito originariamente sulla prima PlayStation, un titolo ripensato e riscritto quasi totalmente per adattarsi ai canoni odierni. Il lavoro svolto da Capcom abbraccia la tradizione della serie, sublimando il concetto di survival horror, fatto di tensione continua, poche risorse e una gestione ragionata dell’inventario. Le atmosfere cupe, malate, della centrale di polizia di Raccoon City sono ora un chiaro e leggibile quadro in lenta decomposizione, riprodotte con il nuovo motore grafico proprietario, uno dei più evoluti all’interno del panorama videoludico. Se nel 1998 Resident Evil 2 era il miglior titolo a tinte horror, il remake riesce non solo a svecchiare e rendere attuale la formula di gioco, ma è capace di elevare la produzione a riferimento assoluto all’interno del genere. 

Resident Evil 2
È IL MIO PRIMO GIORNO 

La trama di Resident Evil 2 ha luogo nella cittadina di Raccoon City, dove un’epidemia sembra aver trasformato gran parte della popolazione in zombie senza più alcuna coscienza umana. Nei panni di Leon Scott Kennedy, poliziotto al suo primo giorno di lavoro, raggiungiamo la centrale di polizia, dove i pochi sopravvissuti si alternano a mostruosità varie, in corridoi e sotterranei ormai invasi dagli infetti. Il racconto segue le vicende del gioco originale, con tuttavia significative modifiche in termini di sceneggiatura, ampliata e resa molto più credibile rispetto al passato e meno incline ai cliché tipici della fine degli anni Novanta. La narrazione si sviluppa così in maniera convincente, anche grazie a filmati rifatti da zero e con espressioni facciali all'avanguardia, mentre la caratterizzazione di ogni personaggio ha ora una profondità ben superiore rispetto a venti anni fa. L’avventura principale dura circa sedici ore totali ed è, come nell’originale, divisa tra due personaggi: sarà infatti Claire Redfield la seconda protagonista, con situazioni e percorsi alternativi rispetto al primo scenario.

Il gameplay è stato ripensato per adattarsi ai canoni odierni, più leggibile e fruibile all’utente medio, senza essere troppo dispersivo e basato su una costante lettura della mappa e di quanto visto in precedenza. Rimangono tuttavia, e per fortuna, alcune scelte di design legate al passato, quale un’esplorazione preponderante e intrecciata agli ambienti di gioco, tra recupero di chiavi per aprire porte precedentemente chiuse e oggetti utili a risolvere enigmi ambientali. Le due anime, quella vecchia scuola e quella moderna, convivono alla perfezione, regalando un titolo ben bilanciato in termini di ritmo, che racchiude nella maniera più genuina del termine l’elemento survival. Leon è un giovane ragazzo al suo primo giorno di lavoro, un poliziotto a tratti impacciato, non il super-eroe degli ultimi capitoli, che tanto avevano deluso i fan e traslato Resident Evil nella sfera action, senza tuttavia avere un sistema di controllo adatto. Qui la pesantezza dei movimenti, il feeling pistola alla mano, con una mira non immediata ma modificata da alcuni artifici che la rendono estremamente realistica, conferiscono al titolo una soddisfazione nello shooting nuova, fresca, seppure immersa in un contesto che richiama in maniera prepotente il passato della saga. Le due anime sono amalgamate alla perfezione, tra le munizioni a nostra disposizione e una gestione oculata dell’inventario, che può essere sì espanso trovando nuove borse o zaini, ma che rimane sempre limitato rispetto a tutti gli oggetti che troveremo. Inoltre, se inizialmente le scorte di munizioni sembrano sin troppo generose, ben presto ci accorgeremo di come affrontare direttamente gli zombie consumi almeno 3-4 proiettili alla volta, una scelta che ben si sposa alla rinnovata mobilità di Leon che, seppur lenta e reale, rimane di molto superiore ai tank control di venti anni fa. Diventa così logico iniziare a risparmiare colpi e cure, appena l’avventura prende direzioni più sotterranee e dalla diversa tipologia di nemici, con il costante senso di tensione dettato dal Tyrant e da Mr.X.

LA BELLEZZA DEL MALE

L’aspetto che più di ogni altro è stato rivisto, ovviamente, è quello grafico, con un rifacimento totale del comparto grafico, che sfrutta le rinnovate meraviglie del RE Engine, già alla base del settimo capitolo. Il salto tecnologico è chiaramente abissale, con una modellazione di Raccoon City e della centrale di polizia davvero sublimi, che elevano l’opera a un livello di dettaglio sorprendente. Tutto è stato ricostruito, sia gli ambienti di gioco che gli stessi personaggi, con differenti scelte in termini di design, per quanto riguarda volti e abbigliamento, un lavoro che migliora praticamente in tutto l’opera originale, dando una visione globale più realistica e credibile rispetto al passato. Gli stessi zombie ora sono versioni infette di persone reali: lo si vede dagli occhi coperti da una patina, la pelle rovinate e a brandelli, i tratti somatici del viso. Non sono solo mostri, ma uomini e donne trasformati e mutati dal virus, che hanno perso il contatto con la loro natura originaria. I colpi inferti, a testimoniare la bontà del motore fisico, hanno un diretto impatto sulla zona colpita, con pezzi di carne e sangue che volano via, ossa che rimangono scoperte e arti che penzolano, per una visione al stesso tempo macabra e soddisfacente. L’illuminazione taglia la scena con una fotografia che riesce nel suo intento di rendere orrorifica la scena, con oscuri corridoi e stanze, schiarite solo dalla nostra torcia e da una luna che timidamente filtra dalle finestre. Insieme alla splendida rappresentazione visiva, il sound design contribuisce in materia significativa all’immedesimazione all’interno del gioco, con rumori, scricchiolii e suoni sinistri, mentre il doppiaggio è interamente in lingua italiana, seppure non sempre impeccabile per scelta di voci e personaggi.

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