Recensione del film Nerve

Cinema / Recensione - 14 June 2017 08:00

Nerve è il film con Emma Roberts e Dave Franco che racconta l'entrata nel mondo pericoloso di un videogame

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Nerve è il film di Henry Joost e Ariel Shulman, con Emma Roberts, Dave Franco e Emily Meade.

Vee Delmonico (Emma Roberts) è una studentessa dell’ultimo anno delle scuole superiori. È timida e resta in disparte nelle conversazioni con gli amici.

Vorrebbe lasciare la sua casa per andare all'università, ma ha paura di dire alla madre (Juliette Lewis) della sua ammissione al California Institute of the Arts. La donna infatti è ancora in lutto per la morte del fratello di Vee.

La tendenza giovanilistica del film appare fin dall’inizio, con immagini estrapolate dai sola network, chat, quasi a raccontare una realtà ulteriore - digitale - che collima con quella fisica.

Un amico, Sydney (Emily Meade) è famoso nel videogame “Nerve”, che permette di essere "giocatore" o "spettatore". I giovani in cerca di forti emozioni gareggiano in sfide che poi degenerano, dovendo innalzarsi da prove più semplici a quelle imbarazzanti, fino divenire pericolose e letali.

Durante questo processo gli stessi “spettatori” istigano all’azione cosicché il senso di competizione che era assopito aumenta: Vee mostra così un aspetto che non solo negli adolescenti è costante, ossia quello di rifiutare un’attività che poi casualmente si esegue, e i primi successi spingono a continuare con risultati inattesi.

Se il gioco “Nerve” è quello che Vee effettua, esso è il simbolo di un qualsiasi gioco d’azzardo o online, che esprimono un senso di momentanea potenza in chi lo esegue. E compare sempre un mentore che istiga a quest’azione, in tal caso Ian (Dave Franco), un arazzo che pare avvezzo al gioco.

Il film è distante da pellicole che hanno affrontato l’argomento con maggiore empatia come “XistenZ” (1990) di David Cronenberg, in cui il gioco è collegato in maniera biologica con il giocatore che vive una dimensione parallela.

In “Nerve” alle passeggiate in moto di Vee e Ian si alternano scorci di Staten Island, con un’evoluzione che solo in maniera epidermica affronta l’ansia della dipendenza. Tra i due c’è un’amicizia che li porterà a fuggire seminudi da un negozio, sempre per gareggiare nel gioco “Nerve”.

Il film prende le mosse dal teen movie, per poi affrontare un tema come quello della crescita forzata, dovuta alle richieste delle persone che ci sono intorno, piuttosto che dalle nostre decisioni. La regia per mostrare questo aspetto “social” del game inserisce nelle inquadrature le emoticon dei followers, il che avrebbe potuto rendere il film stesso uno strano game.

Il passaggio ulteriore per aumentare la suspense di un film altrimenti auto-conclusivo è scegliere un pericolo imminente: infatti Vee scopre alcuni dettagli sul passato di Ian, comprendendo che il futuro della sua famiglia è in pericolo, fino alla possibilità di “vivere” o “morire“.

I registi Henry Joost & Ariel Schulman hanno già lavorato a film con target adolescenziale, come “Catfish” e “Paranormal Activity 3 e 4”. Sanno come dosare la tensione con momenti più colloquiali, che i giovani sanno recepire. Ma proprio questa esigenza di intercettare i consensi di un particolare pubblico rende il film prevedibile nel finale, opposto alla maniera tormentosa in cui era iniziato.

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