DiRT 4, recensione videogame per PS4 e Xbox One

Games / Recensione - 13 June 2017 14:00

DiRT 4 è la quarta incarnazione del titolo di guida sviluppato da Codemasters, che unisce discipline Rally a Dune Buggy e Truck, per un'esperienza stratificata in termini di gameplay

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DiRT 4 è il videogioco rallistico sviluppato da Codemasters, regina dei titoli automobilistici arcade, storica creatrice della saga di Toca Race Driver e del successore spirituale Grid, oltre al recente Dirt Rally, uscito lo scorso anno su PS4 e Xbox One. Se nella precedente generazione i Dirt hanno rappresentato uno spettacolare connubio tra rally e discipline affini, come le Buggy e modalità da Destruction Derby, l’ultimo nato nella software house inglese aveva totalmente cambiato tipologia di offerta, con un gioco di guida simulativo e dedicato agli hardcore gamer. Questo nuovo quarto capitolo unisce le filosofie alla base dei due episodi, con un’impostazione che può essere liberamente scelta appena avviato il gioco, con uno stile di guida semplificato o uno indirizzato alla simulazione pura, opzione che cambia radicalmente approccio e tipologia di gameplay.

DiRT 4 propone quattro differenti discipline all’interno della centrale modalità Carriera, in cui ampliare le proprie strutture e potenziare macchine e staff. Gli eventi sono divisi in: Rally, Landrush, Rallycross e Rally storico, e ognuno di essi ha al suo interno particolari tornei ed epoche, per una differenziazione che abbraccia diverse tipologie di veicoli. La crescita della nostra esperienza permette di sbloccare licenze e accumulare denaro, utile ad acquistare nuove macchine, siano esse nuove oppure usate. La progressione all’interno di una disciplina ci conduce sino al campionato finale, un evento che rappresenta il livello massimo di licenza possibile, ed è contraddistinto dall’insieme di tutto quello vissuto nei precedenti tornei. Accanto alla curata modalità per giocatore singolo, che comprende anche l’Academy, dove affinare le proprie abilità di guida ed impararne di nuove, troviamo la componente multiplayer, che vede jam session e sfide giornaliere, oltre alle gare divise per disciplina.



Il gameplay di DiRT 4, come anticipato in apertura, permette al giocatore di decidere quale approccio utilizzare, una scelta che influenza profondamente la giocabilità e l’indole del titolo. Al primo avvio, poi possibile da modificare sotto le opzioni di gioco, compare l’avviso tra una guida arcade, immediata e divertente, e una simulativa, la stessa apprezzata in Dirt Rally. Propendere per uno stile realistico comporta un’estrema attenzione ad ogni componente, dal setting pre-gara, al dosare freno e accelerazione, con una fisica che riproduce dossi e avvallamenti, rendendo le tappe di rally un vero e proprio pericolo costante, con il rischio di finire anzitempo la gara. Il sistema di danni, infatti, non concede grandi errori, con parti meccaniche e di carrozzeria esposte al costante rischio di alberi ed elementi a bordo pista. Scegliendo la vena simulativa avremo, quindi, una giocabilità praticamente identica a quanto già visto in Dirt Rally, uno dei titoli di guida più difficili nell’ultimo decennio. All’opposto, lo stile arcade permette un approccio più immediato e spensierato, mantenendo comunque alcune caratteristiche di realismo ma unite ad un sistema maggiormente permissivo, di danni, derapate e aiuti in termini di stabilità e aderenza al terreno. Il gameplay diventa più avvicinabile ai vecchi Dirt, permettendoci di scendere in pista con meno tensione e una difficoltà scalabile, vero e proprio punto di forza del nuovo titolo Codemasters. Dirt 4 abbraccia, infatti, l’intera utenza dei giochi di guida, con una gamma di personalizzazione che collega il novizio con l’hardcore gamer, grazie ad un sistema di aiuti e stili che permette davvero qualsiasi approccio si prediliga.



La grafica di DiRT 4 è molto simile a quanto visto in Dirt Rally, con alcune migliore e aggiunte che riguardano le discipline Landrush e le condizioni ambientali, migliorate grazie anche a dei particellari estremamente curati. Il colpo d’occhio visivo rimane, comunque, abbastanza deludente, con una resa generale lontanissima dalle meraviglie tecniche della scorsa generazione, dove l’Ego Engine rappresentava quanto di migliore potesse offrire il mercato videoludico. Le macchine sono modellate con pochi dettagli, non molto definite e afflitte da una sensazione perno nelle visuali esterne. Il sistema di illuminazione resta piatto e anonimo, con gare di rally contraddistinte da pochi elementi a bordo pista, con foglie, alberi ed erba dalla resa mediocre. Ma non tutto è da buttare, partendo da una fluidità alta ed impeccabile, un sonoro curato sia nelle musiche che, soprattuto, in quello dei motori e negli effetti ambientali, apprezzabili soprattutto nelle visuali ravvicinate. Le gare di Landrush, invece, tra buggy e truck hanno una resa sensibilmente superiore, con veicoli più dettagliati e un convincente sistema di effetti visivi, con polvere, schizzi di fango e sporcizia che si attaccano, gradualmente, sulla carrozzeria. Gli stessi eventi meteorologici, tra pioggia battente, nebbia e piccole tempesta di sabbia, modificano l’esperienza dal punto di vista non solo visivo, ma anche di giocabilità, influendo sensibilmente sulla nostra guida.

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