Stand-up comedy, un genere 'da praticare e far conoscere': intervista a Velia Lalli

Daily / News - 06 February 2017 07:00

Mauxa ha intervistato la comica Velia Lalli. Il suo nuovo monologo si intitola "Lasciate che i pargoli vengano a me".

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Abbiamo intervistato Velia Lalli, irriverente comica tra i panelist del programma televisivo "Sbandati" in onda su Rai 2 e recentemente protagonista della rassegna di Stand Up Comedy Live presso lo Spazio Diamante di Roma, dove ha presentato il suo nuovo spettacolo. 

D: “Lasciate che i pargoli vengano a me”, come mai hai scelto questo titolo per il tuo monologo?

R: Il titolo del monologo è una citazione. Di un filosofo dell’antichità, tale Gesù di Nazareth, divenuto molto famoso postumo , come spesso accade ai grandi pensatori ed artisti. E’ un titolo che ironizza sulla compiacenza che riserviamo ai bambini e, talvolta, agli adolescenti, che sembriamo considerare indiscutibili. In questo monologo non lo sono, anzi diventano parte fondamentale delle riflessioni (rigorosamente comiche) di una ragazza che è diventata donna senza avere figli ma che si trova in stretta relazione con bambini ed adolescenti, suo malgrado. Da questa posizione, propongo una visione più cinica, ma forse semplicemente meno sdolcinata, di come educhiamo i giovani, di come cambiano le situazioni familiare, di cosa comportino le famiglie allargate.

D: Lo show ironizza sulla sensazioni di sorpresa dovuta allo sviluppo della consapevolezza del non essere più giovane. Tu come hai vissuto l'avvento dell'età adulta? 

R: Beh, adesso, “non essere più giovane” è un po’ azzardato da parte tua. Comunque, l’impressione che ho è che ci sia uno scalino (gli scienziati direbbero è una variabile “discreta”) da “giovane donna” a “donna di mezza età” , e questo mi crea qualche perplessità. Cioè: l’espressione “donna”, senza che venga aggiunto alcun aggettivo, a che età si attribuisce? E soprattutto: che arco di tempo comprende? 15 minuti? Direi, per rispondere alla tua domanda, che la sto prendendo male. Ma siccome posso scriverne, come sto facendo, ad un certo punto andrà meglio.

D: Perché le persone finiscono spesso col ridere del proprio passato?

R: Eh magari fosse vero! E’ molto difficile che l’essere umano rida di sé stesso, anche se si parla di fasi della vita passata. Per me è un ottimo antidoto, ma devi aver superato alcune ferite, c’è gente che si offende se, dopo 10 anni, gli dici: “Ti ricordi quel Marco con cui uscivi? Era veramente un cesso!” L’idea del monologo è andare oltre l’immagine di noi a cui rischiamo di essere troppo legati, e di non prendersi mai troppo sul serio. Se sei stata con un cesso, non in assoluto ma solo più cesso di te, magari puoi ridere delle ragioni per cui lo hai fatto. Ma se uno si prende troppo sul serio e sta lì a rimuginare sul suo passato, può sempre venire a ridere del mio, di passato.

D: Qual è la tua personale idea di comicità? Ci sono lati della realtà contemporanea inaccessibili persino all'ironia?

R: La comicità non è un dogma, è semplicemente l’espressione di chi la scrive o la interpreta, pertanto non ha senso porre dei limiti a priori. Uno spettacolo comico non è l’ora di catechismo, quindi se non ti piace quello che senti, puoi semplicemente andartene, decidere di bollare quel comico come un eretico o uno stronzo. Di sicuro chiedere il rimborso del biglietto no. Il tipo di espressione comica che ho scelto è quello di lasciare poco o nulla ai giri di parole, alle metafore, ma di andare a raschiare proprio nell’inconfessabile, di renderlo esplicito ridicolizzandolo ed umanizzandolo al tempo stesso.

D: Quando hai deciso di intraprendere la carriera da comica?

R: C’è stato un momento preciso: lavoravo in una azienda di telecomunicazioni, ma era una copertura, venivo da studi di musica, canto, danza, recitazione sin dall’infanzia. Un giorno, mentre cercavo aziende a cui inviare il curriculum tentando di cambiare mansione, mi sono chiesta: “Ma se il mondo fosse un posto ideale, se tutti potessero fare quello che desiderano realmente, io che farei?” E da lì è iniziata una lunga, faticosa e sacrificante gavetta. Che spero finisca prima che io diventi una “donna anziana”.

D: A tuo parere, quale artista italiano ha innovato maggiormente la stand-up comedy?

R: La stand up comedy in Italia non è un genere da innovare ma un genere, semmai, da praticare e far conoscere molto più di quanto non lo sia attualmente. Parlerei di precursori più che di innovatori. Senza dubbio vengo dalla visionaria e coraggiosa “cricca” che ha fatto proprio questo: aprire la strada della stand up in Italia, cioè Satiriasi. Ciascuno del gruppo con il suo stile ed il suo immaginario ha portato il suo contributo, ha sperimentato, ma sarebbe disonesto non riconoscere a Filippo Giardina il merito di aver ideato e supervisionato tutto il lavoro del gruppo dalla nascita.

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