Michael Cimino, i vasti luoghi raccontati nei film del regista scomparso

Cinema / News - 03 July 2016 11:23

Michael Cimino è scomparso all'età di 77 anni. Il regista diresse film colossali come "I cancelli del cielo" e "Il cacciatore".

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Michael Cimino, il regista contemporaneo più irriverente è scomparso all’età di 77 anni.

Nato a New York, è certamente “I cancelli del cielo” (“Heaven's Gate”, 1980) il film che consacrò lo come regista ribelle, che con un budget di 40 milioni di dollari ne incassò 3,5. Sceneggiato dallo stesso Cimino e con la fotografia di Vilmos Zsigmond, è paragonabile a flop come “Cleopatra” (1963), “Ishtar” (1987) tanti che fece affinare l’intero studios United Artist. Nel cast c’erano Kris Kristofferson, Christopher Walken, John Hurt, Isabelle Huppert, Joseph Cotten. Nel 1890 , nel Wyoming si perpetra il conflitto tra ricchi allevatori di bestiame - che finora hanno controllato i "pascoli verdi" - e l'ondata di poveri immigrati provenienti dall'Europa dell’Est. Gli europei sono appellati ladri di bestiame e anarchici, tanto che un mercenario killer è assoldato per eliminarli. In pochi giorni erompe una guerra civile, che culmina in una battaglia: in tre ore la trama segue anche il triangolo d'amore tra James Averill, Ella Watson - proprietaria del bordello locale - e il mercenario Nate Champion.

La tematica dello sterminio ne richiama simbolicamente altre, e Cimino in tutta la carriera ha inteso proporre letture evangeliche dei suoi lavori. Nel film “Il cacciatore” (1978) per cui vinse l’Oscar alcuni reduce dalla Guerra del Vietnam tornano in una piccola città industriale in Pennsylvania. Si passa da strutture per reduci, a ritorni nel Vietnam alla ricerca di un amico. Qui il protagonista Michael (Robert De Niro) trova il collega Julien e lo persuade a condurlo nel luogo dove si pratica la roulette russa. L’amico Nick qui guadagna con il pericoloso gioco, preme il grilletto e muore.

In un’intervista a THR del marzo 2015 - rilasciata a Seth Abramovitch - Michael Cimino confessò: “Eravamo seduti nell'ultima fila di un cinema, il mio assistente arrivò di corsa e mi disse: ‘Michael, hai avuto modo di vedere?’, ‘Cosa c'è che non va?’, 'Vieni con me’: il cinema era pieno di donne che piangevano. Era una reazione stupefacente”.

Un altro film in cui permane il tema della crudeltà necessaria è “Il siciliano” (1987) in cui Salvatore Giuliano sopravvive con il mercato nero, capeggia il separatismo siciliano con l'assenso del capo della mafia. Moderno Robin Hood, rapina un treno postale, saccheggia la casa del principe Borsa, mette una "taglia" sulla testa del ministro Scelba, aiuta i poveri, crocifiggendo anche un prete corrotto: con la strage incontrollata di Portella della Ginestra - i suoi uomini non sparano sopra le teste ma assassinano 11 persone durante un comizio politico - è tradito e ucciso dal cugino.

Il più recente lavoro è “Verso il sole” (“The Sunchaser”, 1996), dove un navajo che sta scontando una condanna ed è malato intraprende un viaggio verso le montagne sacre, prendendo in ostaggio il medico curante: tra i deserti dello Utah e dell’Arizona il percorso modificherà le loro vite.

Le riprese in esterni erano il modo per raccontare come le grandi scelte umane potevano solo manifestarsi con vasti luoghi: dal Vietnam al Wyoming, dalla Sicilia alle montagne sacre. E questo tipo di racconto cozzava con le righe di budget: ma la sua esigenza di racconto era superiore alle esigenze finanziarie.

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