Intervista a Stefano Sardo, sceneggiatore della serie TV 1992

Tv / Drama / News - 13 April 2015 08:00

Stefano Sardo è uno degli sceneggiatori della serie TV 1992 in onda su Sky Atlantic.

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Abbiamo intervistato Stefano Sardo, uno degli autori della serie tv 1992 in onda su Sky Atlantic e interpretata da Stefano Accorsi. La serie racconta le vicende di Tangentopoli, mescolando fatti reali ed invenzione: alla sceneggiatura hanno anche lavorato Ludovica Rampoldi e Alessandro Fabbri, con la supervisione di Nicola Lusuardi.

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D. Nella serie "1992" vari sono i personaggi: un investigatore della polizia del pool di Mani Pulite, un veterano della  guerra del Golfo eletto al Parlamento con la Lega Nord, una ex prostituta che usa  la bellezza i propri obiettivi, un agente pubblicitario ambizioso con un passato misterioso, la figlia di un imprenditore rovesciato dallo scandalo Mani Puilte. Come mai avete scelto caratteri forti per rappresentare  quell’anno?

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R. La scelta più immediata è stata quella di prendere un poliziotto della ‘squadretta’ di Di Pietro. Avendo deciso nel concept che i nostri protagonisti dovevano essere personaggi inventati, anche la prima arena - l’inchiesta Mani Pulite - necessitava di un protagonista “nostro”, che ne seguisse gli sviluppi e avesse un suo motivo preciso per essere lì in quel momento, a lavorare in quella Procura. Su quel motivo preciso ci siamo interrogati molto, fino a che studiando abbiamo scoperto il caso - poco noto e tuttavia sconcertante, per gravità e dimensioni del fenomeno - dell’epidemia di infezioni da trasfusione di sangue infetto. Era una conseguenza della corruzione. Una metafora perfetta del male del Paese. Da lì, decidere che Luca Pastore fosse sieropositivo è stato un attimo. Gli altri personaggi rispecchiano un’altra volontà precisa: raccontare quelli che avevano dominato nel ventennio successivo, e quindi la Lega Nord, Forza Italia, tutto un pezzo di società italiana che nessuno aveva raccontato nonostante avesse segnato il nostro tempo e la nostra vita come nessun altro. Da qui l’idea di un outsider come Pietro Bosco, ex soldato della Prima Guerra del Golfo, e poi Leonardo Notte: un pubblicitario, e quindi un perfetto esponente della Milano da Bere, con però un passato da settantasettino a Bologna. Veronica Castello invece incarna sia la Milano da Bere sia il prototipo di una figura femminile che poi ha dominato gli anni ’90 e 2000. Bibi Mainaghi, infine, era la figlia di uno di quegli uomini potenti che Mani Pulite metteva in crisi, e questa cosa ci consentiva di innescare un potente romanzo di formazione noir. Più in generale, cercavamo personaggi che cogliessero in quell’anno la Grande Occasione che la Storia forniva a chi era disposto a coglierla. Per la prima volta un sistema bloccato si metteva in movimento: era un terremoto, quello di Mani Pulite, che fra le altre cose scatenò correnti ascensionali che i più coraggiosi, i più spregiudicati o quelli senza nulla da perdere potevano sfruttare per cambiare le loro vite.

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D. La politica può essere un argomento distante per lo spettatore: come avete ovviato al problema di fare in modo che lo spettatore lettore stesso si identificasse con i personaggi?

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R. Standogli addosso tutto il tempo, vedendo tutto quello che succede solo con il loro punto di vista. Man mano che va avanti con le puntate lo spettatore dovrebbe aderire sempre più ai dilemmi emotivi dei nostri protagonisti, mentre la ricostruzione d’epoca resterà più sullo sfondo, come è giusto che sia… Quanto alle premessa della tua domanda, io non credo che la politica sia un argomento distante per il pubblico, almeno non per quello italiano. In televisione c’è un talk show politico ogni sera.

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D. Dopo esserti documentato su questo momento storico, ritieni che Mani pulite sia stato tessuto solo da indagini giudiziarie oppure sia stato anche un agone politico, essendo stati colpiti molti esponenti politici della DC o del PSI?

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R. La tua domanda è molto delicata, perché sottende una visione ideologizzata di Mani Pulite, e lo è a maggior ragione per uno che ha scritto una serie come 1992. Richiederebbe una risposta troppo lunga e articolata, che poi potrebbe venire strumentalizzata. Restando su un livello più generale, diciamo, la mia impressione è che la Procura abbia seguito la sua inchiesta, indizio dopo indizio e testimonianza dopo testimonianza, e che fino a dove e fino a quando gli è stato possibile andare avanti lo ha fatto.

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D. Oltre ad essere sceneggiatori della serie, avete partecipato anche ai casting, alle riprese e al montaggio. Come mai?

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R. Anche questa domanda richiederebbe una risposta molto articolata. Diciamo solo che essendo presenti nelle varie fasi del progetto - non limitandoci a scrivere i copioni e poi consegnarli ad altri come troppo spesso è prassi – abbiamo cercato di garantire alla serie quella unità di visione e originalità che di solito da spettatori riscontriamo in tutte le serie che amiamo, non a caso organizzate intorno alla figura di scrittori-showrunners, i cosiddetti “creatori” della serie.

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D. Qual è il tuo cantante e la tua canzone preferita e perché?

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R. Difficile dirne uno. Siccome siamo in tema Anni Novanta fammi citare i R.E.M., con cui sono cresciuto, e di cui ricordo ancora con grande emozione il concerto a Bologna nell’89, per il tour di Green. Tra le canzoni confesso un debole per Alison di Elivis Costello, che coniuga la rabbia del post-punk con un romanticismo disperato.

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D. Qual è la tua serie tv preferita?

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R. Se proprio devo dirne una soltanto, allora Mad Men.

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