Antenati e primordi del fumetto, nobilis vulgus cartaceo impreziosito dai monelli di Outcault

Comics / News - 23 November 2013 07:00

Differenti nazioni rivendicano la primogenitura del fumetto: USA, Svizzera, Germania, Gran Bretagna, Francia. Nel saggio del 1947 "The Comics", lo storico Coulton Waugh denomina primo perso

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Gli antenati del fumetto sono numerosi. Certi nobili, altri plebei. Alcuni religiosi, come la “Biblia Pauperum” (ossia la bibbia medievale illustrata per essere spiegata al volgo analfabeta) e le vetrate delle cattedrali gotiche che, realizzate con un mosaico di pezzetti colorati, narravano vicende agiografiche e dell’Antico Testamento. A partire dal 1895, annata in cui il fratello minore del cinema diviene business sui giornali in USA, la storia del fumetto è quella di una progressiva affermazione da un territorio marginale alla cultura dotta. Gli studiosi ne rintracciano gli antecedenti nelle incisioni rupestri d’età neolitica, nei bassorilievi della colonna Traiana a Roma, nell’arazzo di Bayeux che tramuta in cartoon la conquista normanna dell’Inghilterra su settanta metri di tessuto. E ci sono le avventure di Max e Moritz illustrate dal tedesco Wilhelm Busch, l’opera dei francesi Caran d’Ache, Nadar e Gustave Doré, le storie dell’inglese William Hogarth e del ginevrino Rodolphe Töpffer.

Da parte plebea, influenzano il fumetto la tecnica dell’incisione su legno del Quattrocento (che consentì ampia diffusione dell’iconografia popolare) e le Images d’Epinal, tascabili fogli volanti a colori vivaci raffiguranti contenuti edificanti od umoristici. Padrini della nascita dell’arte dei balloon sono gli editori William Randolph Hearst e Joseph Pulitzer, che si contesero a suon di dollari l’estro dell’americano Richard Felton Outcault, papà di Yellow Kid e Buster Brown. Il primo di questi due personaggi viene indicato nel saggio “The Comics” di Coulton Waugh come l’eroe numero uno dei fumetti: un bambino giallo, cinico e repellente, che indossa un camicione sul quale appaiono, come su uno schermo, frasi volgari e in dialetto. Yellow Kid, alias Mickey Dugan, è il protagonista di “Hogan’s Alley”, strip sulla realtà turbolenta e pittoresca dell’omonimo slum newyorkese. Risulta una creatura laida, capace di mostrare la propria brutale vitalità e una forte predisposizione alla sovversione ed all’anarchia in vignette spesso convulse, iperaffollate, nonché costruite con grevità di dettagli.

Buster Brown, ribattezzato in Italia Mimmo Mammolo, è un altro fanciullo birichino, d’estrazione sociale assai differente: rampollo di una famiglia della buona borghesia, sfoggia un aspetto tanto azzimato e bello da raggiungere la stucchevolezza. Tramite la complicità del bull-dog Tige (Medoro), si autogestisce ad una morale al contempo angelica e perfida. La figura paterna infatti è quasi sempre assente, mentre la leggiadra madre appare principalmente in qualità di giustiziera per punire il figlio in seguito a qualche monelleria. Se, grazie a Yellow Kid, Richard Felton Outcault s’immerse nello strato più miserabile del popolo americano, con Buster Brown diresse strali di polemica caustica all’insegna del livello più elevato del ceto medio statunitense. I suoi enfant terrible vivono in realtà antitetiche, ma entrambi contestano e provocano, imponendo alla società feroci riflessioni. Il disegno, nelle storie di Buster Brown, mostra molto più equilibrio fra pieni e vuoti; il tratto s’ammorbidisce e, perduta la frontalità fissa tipica degli abitanti di Hogan’s Alley, può anche indulgere in compiacimenti liberty.

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