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Recensione film Bar sport, cappuccino con poca schiuma per Claudio Bisio

Prima trasposizione cinematografica del romanzo di Stefano Benni

Recensione film Bar sport, cappuccino con poca schiuma per Claudio Bisio

Il regista Massimo Martelli in Bar sport sembra più intento a togliere l’innata spudoratezza di Claudio Bisio e l’astuzia di Giuseppe Battiston che di re-inventare libro di Stefano Benni. Tradire un romanzo è una delle migliori operazione che si possano realizzare in una trasposizione filmica, e quando il romanzo è Bar sport ciò è necessario.

Antonio gestisce un bar, dove si affastellano l’onnisciente Tennico, il playboy che millanta le conquiste, le ciniche attempate, il giocatore di flipper, quello delle sudate carte (scopa o settebello), il frustrato sentimentale, la prostituta. Le storie si intrecciano lievi, con un onirismo romagnolo che il romanzo lasciava trapelare.

Era quindi complesso trasporre un’opera calligrafica, quasi felliniana in immagini. E Martelli – già regista delle serie tv All Stars (2010), Medici Miei (2008) e Love Bugs 3 (2007), nonché del film Il segreto del successo (2003) – è troppo dubbioso di sperimentare l’avanguardia e troppo reverente ad un situazionismo che se non deformato rischia di annoiare.

La verve rimane, così come l\'intercalare degli attori che si assottiglia nella provenienza letteraria. Bisio è sempre il caustico di Benvenuti al Sud: ma più imbrigliato. Angela Finocchiaro ha il  medesimo smarrimento: ma più macchiettista. Rimane un romanzo romagnolo, senza una storia che dia un significato ulteriore alle pagine pubblicate nel 1976.

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