Terrence Malick prima di Cannes 2011

Cinema / News - 23 May 2011 16:36

La lunga carriera di Malick costellata da pochi ma preziosi film. Dal lontano La rabbia giovane del 1973 al presente vincitore della Palma d'Oro di Cannes, The Tree of Life.

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Regista, sceneggiatore, produttore cinematografico, attore e compositore, Terrence Malick è un personaggio enigmatico nato in Texas nel 1943, laureato in filosofia ad Harvard e con molte differenti professionalità alle spalle: è stato infatti professore di filosofia al MIT, operaio ai pozzi di petrolio, giornalista e ornitologo. La varietà delle sue esperienze di vita dà già un'idea della complessità di questo personaggio che nel tempo è divenuto un regista cult proprio per la sua estraneità allo star-system hollywoodiano. Isolatosi volontariamente dal pubblico, non concede interviste dal lontano 1973, non si presta a foto né partecipa a serate di gala e conferenze stampa. Sposatosi tre volte, non permette nemmeno all'attuale moglie di entrare nel suo studio. Per pignoleria e numero di film lo si potrebbe accostare al grandissimo Stanley Kubrick, ma solo il tempo e la critica dirà se l'accostamento è anche lontanamente possibile. Sicuramente i suoi film sono interessanti, personali e completamente estranei a quanto circola attualmente nel mercato cinematografico, forse proprio perché non c'è calcolo economico nelle sue opere ma solo l'esigenza di esprimere artisticamente il suo particolarissimo modo di vedere il mondo, mettendo sempre in primo piano la natura. Ma vediamo i film che ha girato.

Il primo è La rabbia giovane del 1973, definito dal Dizionario Mereghetti "uno dei film più insoliti e preziosi del cinema americano" e al quale dà il massimo dei voti. Vincitore della Concha de Oro come miglior film al Festival di San Sebastian nel 1974, la storia del film è liberamente ispirata a un fatto di cronaca nera degli anni cinquanta, la serie di omicidi commessi in Nebraska e Wyoming da una coppia di giovani. Un venticinquenne (interpretato da Martin Sheen), che si atteggia a James Dean dovendosi però adattare a lavori umili e insoddisfacenti, intreccia una relazione con una quindicenne (Sissy Spacek) il cui padre tenta in ogni modo di ostacolare la loro unione. Il ragazzo lo uccide sotto gli occhi indifferenti della ragazza che fugge con lui per le praterie del South Dakota e Montana. Nella loro fuga si lasciano alle spalle una scia di sangue, eliminando tutti quelli che sono loro d'ostacolo. Dopo un breve periodo di idillio in cui i due giovani provano a vivere in solitudine immersi nella natura selvaggia, la ragazza decide di non seguirlo più, rendendosi conto della piega ben diversa che sta prendendo quella che doveva essere per lei solo una fuga romantica. Il ragazzo prosegue da solo la fuga, lasciandosi poi catturare. Viene condannato a morte, mentre la ragazza sposa il figlio del suo avvocato dopo avere scontato una pena leggera. Nel film sono già presenti tutti gli elementi che costituiranno poi il marchio distintivo dello stile del regista: una voce off introspettiva, che in questo caso è quella della ragazza che sembra narrare la storia leggendo i brani del proprio diario, l'alternanza tra sequenze idilliache di immersione nella natura e rappresentazione cruda della violenza umana, e infine musiche molto suggestive che creano un senso di distacco dalla storia che viene rappresentata.

Nel 1978 Malick ha poi diretto I giorni del cielo, con cui il regista ha vinto il premio per la miglior regia a Cannes e vincitore del premio per la miglior fotografia agli Oscar. Ambientato nei primi del Novecento in un'America completamente rurale, parla di una coppia di amanti (l'uomo è interpretato da Richard Gere) che parte dalla città insieme ad una ragazzina per cercare lavoro in una piantagione del Texas. L'uomo, per ragioni di convenienza, induce la donna a sposare il ricco proprietario e, da qui, tutto si complica. Molto sugggestive sono le immagini che riproducono i latifondi texani dell'epoca e ottime le musiche di Ennio Morricone. Qui il regista affida alla ragazzina il ruolo di voce narrante di una storia in cui protagonista è la sofferenza innata nell'essere umano e in cui sentimenti individuali si mescolano a vita collettiva.

La terza pellicola di Malick è del 1998 ed è La sottile linea rossa, che presenta un cast ricchissimo di star (Sean Penn, James Caviezel, Nick Nolte, Adrien Brody, John Cusack, Woody Harrelson, John C. Reilly, George Clooney, John Travolta) che hanno accettato anche parti minori pur di comparire nella pellicola del regista. Il film, lungo quasi tre ore, fu premiato con l'Orso d'oro al Festival di Berlino nel 1999 ed è un adattamento dell'omonimo romanzo di James Jones che racconta le vicende di un gruppo di soldati statunitensi impegnati nella conquista dell'isola di Guadalcanal nel 1942 nel corso della seconda guerra mondiale. Il titolo del film si riferisce ad un verso di Rudyard Kipling: "Tra la lucidità e la follia c'è solo una sottile linea rossa". Su tutte le vicende di soldati che si intrecciano domina una natura lussureggiante e indifferente che sembra contrapporsi alla folle logica della guerra. Il film, pur essendo di guerra, non rientra propriamente nel genere, essendo protagoniste della pellicola le riflessioni filosofiche esistenziali dei soldati. I combattimenti non sono quasi mai motivo di spettacolo ma spesso occasione di un introspezione che ha un tono solenne, quasi religioso.

Nel 2005 Malick ha diretto The New World - Il nuovo mondo, film che ha incontrato, rispetto ai precedenti, diverse critiche negative. La storia da cui la pellicola prende spunto è quella del leggendario amore tra Pocahontas e il soldato inglese John Smith, con il consueto rischio di caduta nella banalità di questo tipo di racconto. Nel film si riprende la suggestione della scoperta - stupro del nuovo mondo presente nelle precedenti pellicole, laddove però nella presente per nuovo mondo si intende anche l'altro, l'amato, che rappresenta davvero un altro universo da scoprire soprattutto nell'incontro-scontro tra culture diverse.  L'animismo panteistico tipico delle opere di Malick è qui ancor più presente come è presente la voce/off che talvolta diventa puro didascalismo. Ogni scena sembra infatti affogata in una serie di parole che spesso non fanno altro che ripetere ciò a cui stiamo assistendo invece di proporre un'interpretazione alternativa dei fatti. Altro appunto che è stato fatto al film è l'uso degli attori. Colin Farrel nella parte del protagonista è apparso un po’ statico, un po’ fuori ruolo, mentre Christian Bale, di cui è stata apprezzata l'interpretazione, avrebbe meritato più di un ruolo secondario  confinato nel secondo tempo del film.

Per quanto riguarda l'ultimo film del regista vincitore della Palma d'Oro nell'ultimo recentissimo Cannes 2011, rimandiamo alla recensione presente nel nostro sito.

 

© Riproduzione riservata


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