Venezia 80: film Ferrari, intervista all’attore Giuseppe Bonifati

Cinema / Intervista - 05 September 2023 10:30

Ferrari è il film in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia

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Ferrari è il film in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia: racconta la storia del fondatore del noto marchio automobilistico, e del suo rapporto con la moglie e il team, fino all’ideazione della Mille Miglia. Nel cast ci sono Penelope Cruz e Adam Driver: l’attore Giuseppe Bonifati interpreta Giacomo Cuoghi, l’amico di Enzo Ferrari. 

Può parlarci del suo ruolo in Ferrari come Giacomo Cuoghi, un collega del protagonista?

Più che un tratto, il mio personaggio richiedeva un dettaglio, una particolarità fisica che doveva guidare l'interpretazione. Michael Mann mi ha fornito alcuni materiali e interviste da studiare che riguardavano la figura di Giacomo Cuoghi. Con questi scritti ho capito meglio il rapporto tra Enzo Ferrari e il suo avvocato Cuoghi, ma non c'era un intento documentale da parte di entrambi. Più che un difensore del "Drake", sono stato soprattutto un consigliere d'affari, quasi un amico, nonostante i due non si siano mai dati del tu.

Come ha lavorato con Penelope Cruz e Adam Driver?

Mi sono trovato a mio agio a lavorare con gli attori principali (soprattutto Adam Driver), anche durante le prove, nonostante avessi di fronte uno degli artisti più richiesti dallo star system internazionale. Il fatto che Michael Mann abbia deciso di mettermi accanto a Driver e Penelope Cruz per la lettura del copione con il cast ha sicuramente contribuito a rompere il ghiaccio prima dell'inizio delle riprese.

Dove si sono svolte le riprese?

Abbiamo girato per lo più a Modena. È stata un'esperienza arricchente, la mia seconda volta in un film di Hollywood (dopo Tutti i soldi del mondo) e la serie della BBC "US" (con Tom Hollander).

Com'è il regista Mann sul set: lascia spazio all'improvvisazione o ha una sceneggiatura ferrea?

Posso dire che è stata una masterclass lavorare con un regista così meticoloso come Mann, che cura ogni singolo dettaglio: una posa, la tensione di un gesto, o il modo di afferrare un oggetto in maniera non ovvia. È ammirevole che Michael Mann sia riuscito a fare questo film dopo quasi vent'anni. Per il mio lavoro di regista, farò sicuramente tesoro di questa lezione. È come uno scultore dietro la macchina da presa; arrivare dopo tanti film ti porta a una sorta di "esaurimento artistico", e lo dico in senso positivo. È un regista che riesce a ottenere ciò che vuole. Essendo io stesso un regista, vedere lavorare un "mostro" sacro come Mann è stata una grande lezione. Lascia spazio alla creatività dell'attore, ma allo stesso tempo ti guida, proprio come se fossi a bordo di un'auto sportiva. È lui al volante e insieme vi muovete nella direzione stabilita.

Qual è l'ultimo film che ha visto e che le è piaciuto di più?

Recentemente ho visto Oppenheimer a Budapest. Mi ha lasciato un forte mal di testa alla fine della proiezione, forse a causa delle molte ore e delle immagini potenti. Ma, in realtà è stato un grande film per la sua capacità di mescolare scienza e visione di alto livello. È un film molto attuale; mi ha fatto riflettere molto sui tempi attuali. Ormai pare che il nostro sia un mondo malato, inquinato, in guerra e povero, soprattutto in termini di arte e cultura. Il valore dell'artista e il suo potere nella società sono diminuiti drasticamente, e questo si può vedere in tutta Europa, oltre che nelle esperienze dei colleghi. L'arte e la cultura non sono una priorità nell'agenda politica, ma rappresentano invece un bene primario da tutelare a tutti i costi.

Sei nato in Calabria, a Castrovillari. Cosa ti manca di più della tua terra?

Mi dispiace non poter avere la mia famiglia vicino, vista la mia vita itinerante in giro per il mondo, ma sono in contatto con loro quotidianamente. In realtà mi mancano di più i riconoscimenti e le attenzioni qui nella mia seconda casa. Da quando ci siamo trasferiti dal nord al sud della Danimarca, abbiamo sperimentato i successi, ma anche la cecità delle istituzioni locali e nazionali nei confronti del nostro teatro. Forse il detto "Nessun uomo è profeta in patria" è valido ovunque. Qui non ci sono meriti, ma ci sono sempre.

Resistiamo e manteniamo intatta la capacità di costruire sogni e renderne partecipi le persone, come abbiamo sempre fatto. E con grandi risultati, nonostante tutto.

Qual è il tuo prossimo progetto?

All'inizio dell'anno ho iniziato a scrivere una sceneggiatura, che avevo in mente già da qualche anno. Potrebbe essere il mio debutto alla regia di un lungometraggio. La narrazione è ambientata tra la Calabria (Italia) e la Danimarca, ed è ispirata alla tragedia di Amleto, un revenge movie rivisto in chiave contemporanea e attraverso i luoghi immaginari che sono stati lo sfondo principale del mio percorso artistico negli ultimi vent'anni.


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