Intervista a Rita Botto, la canzone siciliana lotta contro l’appiattimento culturale

Daily / Intervista - 05 August 2013 11:03

Mauxa intervista la cantante siciliana Rita Botto per la rubrica ‘Di che cultura sei?’ \r\n

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Mauxa intervista Rita Botto, esponente della canzone in dialetto siciliana. Nel 2013 ha pubblicato l’album “Terra Ca Nun Senti” assieme a La banda di Avola, prodotto da Roy Tarrant per la casa discografica Recording Arts.

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D. Cosa racconta il tuo ultimo album \"Terra Ca Nun Senti\"?
R. Ogni canzone racchiude una piccola storia, e riporta i sentimenti più svariati di un popolo che attraverso la poesia e la musica trasmette la sua cultura. Tutto questo è la nostra grande ricchezza, parlo della cultura siciliana! Ogni brano del disco affonda le sue radici nella terra di Sicilia, quella Sicilia che fu arata e rielaborata dalla nostra grande Rosa  (Rosa Balistreri, n.d.r.) e che in questo lavoro trova la sua massima espressione, perché non c’è nulla di più tradizionale, struggente e festoso al contempo, che un’intera Banda a fare da accompagnamento. Anche lei ne sarebbe rimasta incantata! L’idea di questo disco venne fuori da un concerto fatto  l’estate scorsa in occasione di un festival, e nella fretta di voler subito suggellare il bellissimo risultato c’è stato solo il tempo di comporre insieme al maestro Sebastiano Bell’Arte un brano dal titolo “Fatti li fatti tò”.
La canzone così ci aiuta a non fare dimenticare che il sud è il popolo delle fuitine: questo lo ritroviamo in “Mamma vi l’haiu persu lu rispettu”, ed anche che siamo un popolo di emigranti. Ecco perché il titolo “Terra  ca nun senti”. Ma anche capace di una grande forza, l’ironia: ”Me mugghieri unn’havi pila” ne è l’esempio. Giocata sul doppio senso della pila per lavare e pila... capisci a me?

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D. Pensi che la canzone in dialetto possa essere veicolata al grande pubblico?
R. Naturalmente non credo che la canzone in dialetto sia di facile ascolto per tutti, ma senza dubbio deve essere veicolata  perché ha in sé un significato profondo e lotta contro l’appiattimento culturale e ne rivendica l’identità, in questo mare che omologa tutto e tutti. E a dire il vero non ho mai trovato ostacoli nel proporre questo repertorio, semmai ho trovato gente sorpresa e felice di questa scoperta,ed bello poi vederli cantare con te in  concerto.

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D. Come è nata la tua collaborazione con Carmen Consoli?
R. Puccio Castrogiovanni, amico e stimato musicista poliedrico, stava registrando “Arrè” assieme ai Lautari di cui fa parte, proprio da Carmen, a casa sua. Tra l’altro lei in quel caso ne era pure la produttrice. Per quel disco ho registrato una bellissima versione di “A Curuna”, grazie a Puccio che per una pasquetta del 2007 m’invitò a incidere. Carmen ha tra gli altri il pregio di essere una musicista a 360 gradi e sempre sensibile alle vicissitudini della sua terra: ebbe così l’idea di portare in giro uno spettacolo dal titolo “Musica del nuovo Millennio”. Una bellissima esperienza condivisa con lei, i Lautari ed Afio Antico. Esperienza che è poi continuata con l’omaggio a Rosa Balistreri, dove fu geniale la sua idea di invitare le più affermate cantanti della  musica italiana ad interpretare brani della grande Rosa. Fu indimenticabile.

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D. Qual è il tuo film, attore e attrice preferito e perché?
R. Così a bruciapelo mi viene in mente un film di qualche anno fa, che menziono solamente per l’ originalità della sua storia: “Irina Palm”. Una storia commovente e piena di umanità, dove è opportuno riconoscere al regista Garbarisky il pregio di aver saputo affrontare temi scabrosi con grande delicatezza ed ironia. Irina è una donna semplice che per aiutare la nipote accetta un lavoro desueto ed è capace di trasformare la volgarità del suo agire in una routine mirata a buon fine. Anche “La vita è bella” di Benigni merita il suo giusto riconoscimento. Anche questo, un film dove l’elemento drammatico è trattato con grande leggerezza,l’idea è stupenda di fare sembrare un campo di concentramento tutto un gioco. L’attrice che da sempre è nel mio cuore è Anna Magnani,dotata di una forza espressiva impareggiabile!

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D. Qual è il tuo libro preferito e perché?
R. Tra i libri certamente “La Mennulara” di Simonetta Agnello Hornby, un intenso ritratto di  una popolana sicula con tanto di cabasisi,direbbe Montalbano.  E poi ho trovato  interessante il libro di Alejandro Jodorowsky, “Psicomagia”. Un artista eclettico,che suggerisce a chi vuole invertire le proprie paure, di passare all’azione concreta. Un consiglio è l’atto poetico ”Perché cantate la rosa, o poeti! Fatela fiorire nella poesia”: Neruda ha sedotto una donna del popolo promettendole un meraviglioso regalo e mostrandole poi un limone grande come una zucca. In effetti se la mattina ci alzassimo  compiendo almeno un atto poetico al giorno, toglieremmo il medico di torno.

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D. Qual è la tendenza che segui, sia nell’ambito della moda che tecnologico?
R. Non assecondo tendenze nella moda, sono sensibile al mio bisogno di sentirmi comoda, questa è la cosa più importante. Nella tecnologia sono uno strazio!

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D. Qual è il tuo prossimo progetto?
R. Per il prossimo progetto, c’è tempo…devo ancora smaltire la sbornia di 2 album usciti a pochi mesi l’uno dall’altro, praticamente lavorati nello stesso anno. Sto parlando di “Ninnaò” e appunto “Terra can un senti”.

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