La Spagnola: l’origine del virus, la diffusione e scomparsa

Daily / Editoriali - 12 April 2021 18:00

La Spagnola fu la pandemia influenzale che esplose tra il 1918 e il 1920

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Origine e scoperta del virus

Si stima che l'influenza spagnola abbia colpito il 25-30% della popolazione mondiale con un tasso di mortalità delle persone infette dal virus superiore al 2,5%. Isolato e studiato negli Anni Trenta, il virus della spagnola viene identificato come virus H1NI appartenente alla famiglia dei virus dell'influenza A: un antenato del virus dell'influenza suina.

Non si hanno evidenze certe e univoche in merito, ma si pensa che il ceppo virale possa essersi diffuso dagli Stati Uniti nella prima ondata del 1918, probabilmente in Kansas nell'ambito del personale militare. Tuttavia, la simultaneità dell'insorgenza dell'influenza spagnola nel Nord America, Asia ed Europa nei mesi di marzo e aprile rende complessa l'identificazione di un'origine geografica specifica.

Tra le caratteristiche della pandemia causata dal virus H1N1: l'alto tasso di mortalità, la giovane età delle vittime, le ravvicinate diverse ondate che si sono susseguite con eccezionale rapidità nel giro di un anno, l'insorgenza dell'influenza in un periodo dell'anno tendenzialmente sfavorevole (primavera-estate). Un'altra peculiarità della Spagnola fu la diffusione dell'infezione virale sia tra gli esseri umani che tra i suini. 


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1918-1920 la virulenza del virus nelle diverse ondate

Il virus responsabile della Spagnola si diffonde nel mondo fino a raggiungere l'Alaska e molte isole remote del Pacifico. Tra 1918 e il 1919 si verificano 3 ondate successive in primavera/estate, estate/autunno, inverno. Ci sono autori che considerano anche una quarta ondata con casi registrati tra gennaio e l'aprile del 1920.

Uno studio americano del 1927 (Jordan E. Epidemic influenza: A survey. Chicago: American Medical Association) ha evidenziato la possibilità di un mutamento o riassortimento del virus H1N1 durante l'estate del 1918, aumentando di fatto la virulenza: la seconda ondata, nell'autunno, è caratterizzata dall'eccezionale tasso di mortalità, generando focolai simultanei sia nell'emisfero boreale che in quello australe.

Nei primi mesi del 1919 sopraggiunge la terza ondata, con grado di severità geografica variabile, ma comunque caratterizzata da una virulenza del virus maggiore rispetto alla prima ondata. La scienza si è interrogata sul fattore, o la concomitanza di fattori, che sono intervenuti per garantire la capacità del virus responsabile della Spagnola di generare ondate pandemiche così ravvicinate: con molta probabilità tra la prima e la seconda ondata, sono intervenuti eventi evolutivi genetici intermedi durante l'esplosione o il progredire della pandemia. 

Sintomi della spagnola

La teoria attuale più diffusa postula che il virus dell'influenza del 1918 fosse neurotropico, cioè capace di replicarsi all'interno del sistema nervoso centrale. Tra i sintomi c'erano mal di testa e dolori muscolari, stanchezza, mal di schiena, incapacità di concentrazione, apatia, brividi. Nei casi più gravi la polmonite si manifestava come primaria – dal virus dell'influenza – o secondaria - da superinfezioni batteriche. La colorazione bluastra-nera della pelle era causata dalla mancanza di ossigeno, con la morte che giungeva di solito all'ottavo o nono giorno di malattia, principalmente a causa dell'infezione batterica secondaria. Uno dei primi casi appurati era di un uomo asiatico di 39 anni a Manila che presentò sintomi il 29 dicembre 1922 con dolore, iperreflessia addominale e spasmo. Aveva tachicardia, secchezza delle fauci e una temperatura di 37,6 ° C. Era irrequieto, si tirava le lenzuola ed era in continuo movimento, contorcendosi in maniera spasmodica. Sperimentò attacchi di irrazionalità durante i quali ha camminato nudo o con un lenzuolo sopra la testa, si mise a letto con altri pazienti e li ha colpiti con i cuscini. Si lavò i vestiti e di coricò con il pigiama bagnato. Non era a conoscenza del suo comportamento, e morì il 1° febbraio 1923 (come riportato dal  Journal of Neuropathology & Experimental Neurology della Oxford University Press).


Identikit delle vittime  

Le vittime maggiormente colpite avevano un'età compresa tra i 20 e i 40 anni. Ciò ha portato a studiare – nei decenni successivi – la sconcertante diffusione della patologia, che proprio perché aveva come effetti degli stadi febbrili, avrebbe dovuto attecchire sugli individui più deboli, come i bambini (di età inferiore ai due anni), gli anziani (oltre i 70 anni) e gli immunocompromessi. Ma nel 1920, il tasso di mortalità tra le persone sotto i 65 anni risultava diminuito di sei volte e di circa la metà nelle persone sopra i 65 anni: il 92% dei decessi si verificava comunque in soggetti di età inferiore ai 65 anni. Si ipotizzò così che nel 1918 gli anziani potrebbero aver beneficiato di una parziale protezione ereditata dall'esposizione alla pandemia influenzale del 1889-1890, conosciuta come "influenza russa".

L'ipotesi del ruolo del cambiamento climatico  

Purtroppo sì va di pandemia in pandemia e nonostante un secolo e oltre di esperienza in campo scientifico e sanitario i progressi sembrano non essere all’altezza del tempo trascorso. Alcuni studi hanno presentato inquietanti legami tra i cambiamenti climatici e la diffusione dei virus o dell’aumento della loro gravità. Infatti tra i fattori che potrebbero aver contribuito alla diffusione della carica virale e dell’aumento delle morti della epidemia di Spagnola di quasi un secolo ci sarebbe il cambiamento climatico o meglio le anomalie climatiche. Uno studio della Columbia University ha dimostrato per esempio come le epidemie - compresa la Spagnola - siano state precedute da La Nina, fenomeno climatico determinante un abbassamento delle temperature nella zona dell’Oceano Pacifico. 

Le misure dettate dai governi  

La somiglianza dell’attuale situazione sanitaria rispetto a quella della febbre spagnola si può riscontrare anche nel campo delle misure poste in essere per arginare la diffusione del morbo. Con isolamento, quarantena e pulizia degli ambienti che divennero un obbligo imposto dai governi. A San Francisco nel 1919 nasceva la Lega anti-mascherine in segno di protesta contro l’obbligo imposto di portare le protezioni contro la febbre spagnola. Coloro che non indossavano la mascherina veniva denunciati con l’accusa di disturbo della quiete pubblica. Accanto alla lega anti mascherine ci furono anche alcuni pareri sanitari sulla non necessità delle mascherine e a seguito di una petizione l’obbligo di portare le protezione fu revocata. Mentre oggi l’evoluzione tecnologica ha permesso di progettare mascherine assolutamente necessarie per il contenimento dell’attuale pandemia.

© Riproduzione riservata


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