State of Mind, recensione videogame per PS4 e Xbox One

Games / Recensione - 21 August 2018 14:00

State of Mind è un thriller futuristico dove il mondo è sull'orlo di una crisi globale

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State of Mind è un’avventura incentrata sulla narrativa, una storia matura e distopica ambientata nel futuro, il primo videogioco di Daedelic Entertainment che punta verso mire e ambizioni più elevate. La software house tedesca, esperta nelle classiche avventure grafiche, è conosciuta all’interno del mercato grazie alla serie Deponia e all’ottimo I Pilastri della Terra, trasposizione  videoludica del celebre romanzo di Ken Follett. Il passato da punta e clicca si tramuta e rinnova in State of Mind in un titolo più moderno, vicino alle opere dei Quantic Dream e dei Telltale, un gioco che unisce esplorazione (poca a dir la verità) ad un impianto visivo semplice ma intrigante, con una storia particolarmente convincente e che lascia al giocatore vari spunti di riflessione, per mano di una sceneggiatura che trascina con forza e veemenza verso i tre finali disponibili. 

State of Mind
La trama di State of Mind è l’aspetto più riuscito e interessante della produzione, ambientata nella Berlino del 2048, con una crisi mondiale che investe le risorse del Pianeta, sempre più popolato e piagato da malattie connesse all’inquinamento. La crescente e invasiva digitalizzazione ha modificato rapporti umani e lavorativi, con una forza lavoro sempre più sbilanciata in favore dell’automazione, con droni e telecamere a controllore il flusso di persone e dati. Il titolo ci trasporta in un futuro distopico dove il concetto stesso di umanità è messo a rischio, dove ogni attività viene filtrata dal mondo digitale, in una sorta di enorme utopia che possa contenere esperienze, ricordi e stati d’animo dell’intera popolazione umana. Se da una parte abbiamo quindi un ideale futuristico, dall’altro abbiamo la crescente spersonalizzazione e alienazione dell’individuo, sentimenti incarnati dal protagonista Richard Nolan, un giornalista che si oppone all’invadenza esagerata del processo tecnologico. La sua posizione e ideologia, come in parte succede realmente nel mondo in cui viviamo, suscitano la reazione delle grandi corporazioni, in un silenzioso complotto ai suoi danni che lo vede risvegliarsi in un ospedale, da solo, dopo un incidente stradale che lo ha coinvolto insieme a sua moglie e figlia.

Il thriller futuristico che mette in opera Daedalic si poggia su un gameplay estremamente semplificato, con poche azioni da svolgere. Il ritmo dell’azione è lento, ragionato e riflessivo, un’indole che ricorda a tratti quella dei punta e clicca, senza tuttavia presentare grandi enigmi o difficoltà legate ai puzzle ambientali, relativamente pochi e semplici nel loro meccanismo. La progressione, all’interno della decina di ore necessarie per completare la storia, si regge quasi interamente sulla sceneggiatura, sempre di alto livello e dannatamente affascinante, che porta e spinge il giocatore verso uno dei tre differenti finali. Anche le scelte legate ai dialoghi non modificano in maniera palpabile l’universo narrativo, con pochissimi bivi nella trama e solamente legati all’ultima parte di gioco. Le aree e gli scenari, riprodotti con una tecnica di low-poly, donano alle ambientazioni un look futuristico sospeso a metà tra colori pastello e contorni netti, con personaggi e ambientazioni dalle linee dure, decise, squadrate. Se quindi la Berlino del futuro ha uno stile ricercato, peculiare, lo stesso non si può dire dei protagonisti, ben caratterizzati a livello narrativo ma non altrettanto da quello estetico, con animazioni ed espressioni decisamente povere, un difetto non da poco per un titolo lineare e che basa molto, se non tutto, del suo fascino proprio su ciò che vediamo, e leggiamo, a schermo.

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