Tempi moderni, il film di Charlie Chaplin con Paulette Goddard
Torna in sala "Tempi moderni", il film con cui Charlie Chaplin smise i panni di Charlot e andandosene tenendo per mano Paulette Goddard disse addio al cinema muto.
Tempi moderni film. Torna in sala dall’8 dicembre e per tutto il mese Tempi moderni (1936). La nuova versione del film - restaurata grazie al progetto “Il cinema ritrovato” della Cineteca di Bologna - proporrà una nuova incisione della colonna sonora realizzata dalla NDR Radiophilharmonie di Hannover. Questo evento sarà accompagnato dall’uscita in libreria della prima traduzione in italiano dell’unico romanzo di Charlie Chaplin: “Footlights”, che ispirò Luci della ribalta. Si chiuderà così l'anno di festeggiamenti dedicati al centenario della maschera più conosciuta del cinema.
Tempi moderni trama. In Tempi moderni Charlie Chaplin, ispirato da una visita che aveva fatto molti anni prima negli stabilimenti Ford e incalzato dalla crisi del ’29, sceglie di narrare l'alienazione del lavoro in fabbrica. L’operaio, ormai esasperato dai ritmi della catena di montaggio, arriva a comportarsi come un ingranaggio rotto. Finché in un crescendo di lazzi ridicolissimi e contemporaneamente stranianti si arriva al climax: la scena di Charlot incastrato tra le giganti ruote dentate della macchina. In Tempi moderni Chaplin spartì per la prima volta i riflettori con un altro attore - o meglio, attrice: la giovane Paulette Goddard, che trasformò in una stella del cinema facendole prendere lezioni di canto, ballo e recitazione e con cui passò otto anni della sua vita.
Tempi moderni recensioni. “Soltanto un protagonista come il Charlot di Tempi moderni, privo non solo di coscienza di classe ma anche di qualsiasi coscienza, può far diventare comiche le sequenze sul macchinismo, - scrisse su L'Espresso Alberto Moravia nel ’72. “La comicità, oltre che dalla bravura del clown Chaplin, deriva dal fatto che Charlot non sa di essere un operaio, si crede in buona fede un uomo come tutti gli altri.” Come scriveva Bergson ne "Il riso", infatti, il comico nasce dal tradimento del meccanismo, dall’espressione dell’artificio, dallo scarto ritmico tra la naturalezza della vita e la rigidità della società.
Charlie Chaplin. Nel 1936 Chaplin ormai sapeva che si sarebbe dovuto adattare al sonoro. Anche se era stata scritta una bozza di sceneggiatura con tanto di dialoghi, decise di dedicare il suono soltanto alle macchine. Così, il timido Charlot non parlerà mai durante il film, ma canterà. Dopo aver perso i polsini della camicia su cui ha appuntato il testo di “Je cherche après Titine”, infatti, è costretto a improvvisare un geniale gramelot. È così che sentiamo per la prima volta la voce del Vagabondo, che ben presto sparirà dalla scena insieme alla sua compagna ritrovata, la Monella. Come scrisse lo stesso Chaplin: “Gli unici due spiriti vivi in un mondo di automi.” Eternamente giovani e assolutamente privi di morale, ed è così che ce li ricorderemo.
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