Sherlock Holmes 3, la lunga attesa per il terzo capitolo della saga di Guy Ritchie

Cinema / Fantasy / News - 15 October 2016 08:00

Gli attori e i produttori coinvolti hanno più volte ribadito di essere determinati a realizzare il sequel di "Gioco di ombre", ma dopo cinque anni di annunci il progetto sembra farsi

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È dal 2011 che la Warner Bros ha dichiarato di voler metter in cantiere “Sherlock Holmes 3”, ma in questi cinque anni, nonostante le ripetute rassicurazioni da parte di attori e produttori, il progetto ha stentato a concretizzarsi. Sappiamo che Guy Ritchie dirigerà il film, e che Robert Downey Jr e Jude Law riprenderanno i ruoli rispettivamente di Holmes e Watson, ma a parte queste poche certezze, il terzo capitolo della saga cinematografica dedicata al detective più famoso del mondo rimane un’incognita.

Le dichiarazioni più recenti risalgono all’aprile 2016, quando Robert Downey Jr ha affermato che le riprese forse sarebbero cominciate proprio quest’autunno. Una previsione che evidentemente è stata smentita, visto che fino a qualche settimana l’attore è stato impegnato sul set di “Spiderman: Homecoming”. E il futuro non lascia ben sperare: Downey Jr presto dovrà iniziare a lavorare ad “Avengers: Infinity War”, Jude Law in questi mesi sta presentando in giro per il mondo la miniserie tvThe Young Pope”, e Guy Ritchie è appena stato scelto dalla Disney per dirigere la versione live-action di “Aladdin”. Con tutte e tre le sue star principali coinvolte in progetti più urgenti, “Sherlock Holmes 3” sembra essere stato, per l’ennesima volta, accantonato.

Il personaggio di Sherlock Holmes resta ineguagliato nella sua capacità di fare presa sul pubblico di tutte le generazioni ed età: un fascino senza tempo che lo ha fatto addirittura entrare nel Guiness dei Primati in quanto “personaggio più rappresentato al cinema”. Holmes non è stato il primo detective della letteratura (per quello bisogna risalire ad August Dupin, creato da Edgar Allan Poe con “I delitti della Rue Morgue"), ma è indiscutibilmente il più famoso ed amato. Tale è il carisma del personaggio che molti, fin dai primi del ‘900, teorizzano che Holmes sia una figura realmente esistita, e che Arthur Conan Doyle fosse semplicemente l’agente letterario del Dottor Watson. “Eliminato l'impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità”, afferma il detective ne “Il segno dei quattro”, il secondo romanzo pubblicato da Doyle.

Ma prima de “Il segno dei quattro”, c’era stato “Uno studio in rosso”. Conan Doyle lo scrisse nel 1886, all’età di 26 anni, più per soldi che per velleità artistiche: nella società vittoriana, infatti, i polizieschi e le avventure “investigative” vendevano moltissimo. Per la figura di Sherlock Holmes, e in particolare per la sua “scienza della deduzione”, lo scrittore si ispirò a Joseph Bell, uno dei suoi maestri alla facoltà di medicina di Edimburgo. Nella sua prima edizione, uscita nel 1887 sulla rivista “Beeton’s Christmas Annual”, “Uno studio in rosso” non convinse molto, ma nel 1889 il Lippincott’s Magazine chiese a Doyle una seconda avventura (“Il segno dei quattro”, appunto), e nel 1891 lo “Strand Magazine” cominciò a tempestarlo per avere nuove avventure. Il resto, come si dice, è storia: Conan Doyle firmò in tutto 4 romanzi e 56 racconti, conoscendo un successo straordinario.

Il ‘900 ha portato con sé il cinema e la tv, e quindi infiniti adattamenti delle avventure di Sherlock Holmes. Due particolarmente riusciti sono “Elementary” della CBS (con Jonny Lee Miller e Lucy Liu) e “Sherlock” (con Benedict Cumberbatch e Martin Freeman) della BBC, serie tv accomunate dal fatto di aver spostato l’azione dalla fine dell’’800 ai giorni nostri. Niente più nebbia, carrozze, orfani, nobili e re, ma cellulari, computer, serial killer e terroristi. Entrambi i prodotti hanno però mantenuto i due elementi fondamentali del personaggio: la sua straordinaria mente deduttiva, e la sua leggendaria amicizia con Watson.

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