Road to the Well, un film d'esordio tra libertà e costrizione

Cinema / Thriller / News - 03 March 2017 17:45

Road to the Well è un film indipendente prodotto a Los Angeles. Lo abbiamo visto e abbiamo chiesto al regista come sia avvenuta la produzione.

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Road to the Well è il film indipendente di Jon Cvack, che ha ottenuto to buone recensioni dalla critica. Prodotto nel 2016 mescola una trama noir con un’attenzione al reperimento di luigi che possano far comprendere un carattere.

Nelle possibilità che un giornale ha, c’è anche quella di scoprire nuove tracce di cinematografia, per comporre quello che è il mosaico della cultura attuale. Così abbiamo chiesto a Jon Cvack di descriverci alcune difficoltà nella produzione di questo film d’esordio, che lo ha portato a lasciare la famiglia e trasferirsi a Los Angeles. E lo stesso quotidiano per eccellenza della città, il Los Angeles Times ha definito questa opera d’esordio dotata di “senso dell’indagine raro per un film sul tradimento e omicidio”.

La storia segue Frank (Laurence Fuller) che scopre la relazione tra la sua ragazza con il suo capo: un amico di Frank, Jack arriva in città e organizza un incontro con una strana ragazza, Ruby (Rosalie McIntire). Ma quando i due sono in macchina, vengono attaccati da uno sconosciuto. Frank è in preda al panico, Ruby è stata uccisa: chiama Jack che lo convince a partire per il Nord, alla ricerca di un nuovo lavoro e per seppellire il corpo. Ma il tragitto verso la California Sierra è costellato di vecchi amici, amori perduti, eccentrici suoceri, ruffiani. Mentre si delineano i rapporti tra Ruby e Jack.

La storia è nata grazie alla collaborazione con il produttore Nick Mathews: “Ci invitò nel suo ufficio, fino a Donner Lake vicino a Lake Tahoe in California del Nord - dice a Mauxa il regista Jon Cvack - Abbiamo guidato per tutta la notte, spazzato via dalla bellezza della zona. Essendo di Chicago non avevo mai visto nulla di paragonabile”.

A ciò si univa una storia reale, il racconto di una carovana di uomini, donne e bambini che migrarono verso ovest alla ricerca di oro, rimasero bloccati nelle montagne della Sierra del Nord e che per sopravvive ricorsero al cannibalismo. “La combinazione della bellezza di Donner Lake con questa storia spaventosa dipinse un'immagine inquietante e d’atmosfera".

Il risultato è un film che mescola sottile trance con senso di libertà del racconto, pur se diluito con oscuri dettagli.

Nel cast c’è anche Micah Parke, che ha lavorato alla serie "The Vampire Diaries”. “Lui sa interiorizzare questo buio estremo - dice Jonathan - ha portato inoltre energia e disciplina come non avevo mai visto”.

Le scene sono state calibrate tra esterno ed interno, in base al budget: “Abbiamo dovuto tenere sotto controllo le spese generali, bloccando ogni scena e pianificando ogni singolo momento di ripresa. A quasi quindici pagine di lunghezza e con pochi soldi, sapevo che non potevamo commettere errori”. Il budget era di 100.000 dollari, e ciò ha gettato dubbi sulla prosecuzione delle riprese: “Ho perso il conto del numero di volte in cui ho davvero pensato che il progetto non poteva andare avanti, da quando cercavo di raccogliere i fondi per lo sviluppo di una sceneggiatura”.

L’ispirazione del film è francese, ovvero il romanzo “Lo straniero” di Camus, e Jonathan ironizza sul fatto che un altro racconto di quello scrittore, "Il mito di Sisifo” rispecchiasse le riprese del film: “come in quel saggio mi sembrava di spingere un masso su una montagna, solo per raggiungere la cima e vedere ancora un'altra montagna sull'altro lato”.

Se Los Angeles è ancora fucina di produzioni indipendenti, questo ha aumenta la concorrenza in maniera cinica: “Qui ci sono tante persone creative e di talento, ma l’atmosfera è altamente competitiva. Bisogna essere pronti a fallire. Questa passione per il cinema ha portato persone - come me - a lasciare la famiglia e trasferirsi a Los Angeles. Ho conosciuto un paio di casi di successi relativamente rapidi, ma la verità fredda è che la maggior parte delle persone devono faticare giorno dopo giorno, cercando di migliorare, ottenendo pochi "yes" e spostandosi di poco ai propri obiettivi”.

© Riproduzione riservata




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