1984, “Turn on, turn in, drop out…” Steve Jobs, il visionario

Comics / News - 16 February 2012 11:30

Mauxa ha deciso, in prossimità di quello che sarebbe stato il compleanno di Steve Jobs (è nato il 24 febbraio 1955) di realizzare tre articoli su di lui, cercando di rispondere alla domanda se possa

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1984, “Turn on, turn in, drop out…” Steve Jobs, il visionario. Dovunque nella rete piovono articoli su Steve Jobs, dopo la sua prematura scomparsa sembra che sia stato detto tutto e il contrario di tutto su di lui. Dai più viene definito un visionario, il suo discorso di Stanford ha fatto il giro del mondo e tutti i prodotti che ha contribuito a creare sono parte integrante delle nostre vite. Mauxa ha deciso, in prossimità di quello che sarebbe stato il suo compleanno (è nato il 24  febbraio 1955) di realizzare tre articoli su di lui, cercando di rispondere alla domanda se Steve Jobs abbia davvero cambiato profondamente il nostro modo di relazionarci, e di spiegare perché viene da molti definito con il termine visionario. Steve Jobs è stato un personaggio contradditorio, dal carattere scontroso, brillante e spietato, pervaso da un perfezionismo quasi maniacale, eppure capace di essere protagonista di almeno tre rivoluzioni avvenute nel corso degli ultimi anni: ha partecipato alla nascita dei computer portatili, ha rivoluzionato il mondo dei film di animazione, ha cambiato il modo di ascoltare la musica. Il termine visionario non è corretto grammaticalmente (qualcuno puntualizza su questo aspetto), ma si addice bene al tratto dominante della personalità di Steve Jobs, conosciuto come il suo “campo di distorsione della realtà”. Tutti quelli che lo hanno conosciuto ricordano la sua capacità di rendere appetibili anche le realtà più difficili da digerire. Amava intrattenere le riunioni più importanti di lavoro durante lunghe passeggiate. Nella sua vita è stato spregiudicato, fin dall’infanzia si è mostrato irriverente e sfrontato, ha sempre preteso di dividere il mondo in due categorie: lo straordinariamente bello e l’orribile, oppure ciò che è geniale e ciò che è profondamente stupido. Questo spirito irrequieto lo ha portato a incontrare sulla sua strada e a valorizzare il talento di chi meritava una possibilità, e che veniva invece continuamente ignorato e messo da parte.  Il primo fu decisamente il più grande ingegnere dell’era informatica: Steven Wozniak (Woz). I due, all’inizio degli anni settanta, si divertivano a fare scherzi da pirati informatici, proprio negli anni in cui nascevano i primi videogiochi elettronici di aziende come la Atari. Per esempio fu loro il primo progetto delle Blue Box, un marchingegno che era in grado di rubare telefonate interurbane, appoggiandolo alla cornetta era in grado di imitare i codici tonali della maggiore compagnia telefonica statunitense. Cominciarono a bussare alle porte dei dormitori dei campus universitari per vedere chi fosse interessato ad acquistarle, attaccavano le blue box al telefono e ad un altoparlante e cominciavano a chiamare il Ritz di Londra, o i posti più assurdi, una volta chiamarono addirittura il Vaticano. Disse Jobs di Wozniak: “Per la prima volta incontravo una persona che conosceva l’elettronica meglio di me”. Da questa collaborazione nacque il primo computer capace di rivoluzionare la nostra epoca, l’Apple I, il primo dotato di un video e di una tastiera. Il motto di questi ragazzacci era quello di un famoso personaggio del tempo (Timothy Leary): “Turn on, turn in, drop out…” col significato di “accendi la mente, sintonizzati con l’universo, esci dalla tua dimensione e allarga la tua coscienza…”, rischia con coraggio e curiosità di cambiare il mondo… per questo Steve Jobs è stato uno dei visionari più illustri della nostra storia informatica. Se l’Apple I  fu quasi esclusivamente merito di Woz, tutta di Steve Jobs fu invece l’attenzione per il connubio tra arte e tecnologia. Riuscì a fondere la ricerca della perfezione con l’utilità, inventando una nuova forma di design-utile. L’uomo che divideva il mondo tra bellezza assoluta e orribile e inutile, che non era stato capace di ammobiliare la sua casa, né di scegliere una lavatrice, perché non riusciva a trovare mobili ed elettrodomestici col giusto design e la migliore efficienza possibile, guidò le sue aziende con scrupolo e la voglia di  confrontarsi sempre con il futuro.

“I tuoi pensieri creano delle strutture, come delle impalcature, nella tua mente. Stai effettivamente incidendo componenti chimiche. Nella maggior parte dei casi, le persone restano imprigionate dentro queste strutture, come la puntina nei solchi di un giradischi, e non ne escono mai. […]la cosa fondamentale da ricordare, di me, è che sono ancora uno studente, sono ancora al campo di addestramento. Se vuoi vivere la tua vita in maniera creativa, come un artista, non bisogna guardare troppo indietro: devi essere disposto a prendere tutto quello che hai fatto e tutto quello che eri e lasciartelo alle spalle.”

La prima “visione” di Steve Jobs si concretizzò nel 1984 con l’uscita del primo Mac (Macintosh): Il computer che avrebbe portato decisamente avanti il modo di intendere la tecnologia, compiendo una rivoluzione nel nostro modo di pensare. La campagna pubblicitaria fu curata dallo studio coordinato da Lee Clow (direttore creativo della Chiat Day), fu sfruttato un singolare parallelismo col capolavoro di George Orwell. Ecco le immagini dello spot che vinse molti premi, la regia fu di Ridley Scott (fresco del successo di Blade Runner) e Steve Jobs aveva chiesto espressamente “Voglio qualcosa che fermi il traffico” disse “voglio un rombo di tuono”. (Visualizza lo spot qui)   

La semplicità, la bellezza, la funzionalità Apple Computer si rapportava al libro 1984 di George Orwell. Vale la pena ricordare una frase tratta dal suo libro memorabile per accompagnare le immagini della nuova rivoluzione contro il “Grande Fratello”:

“Nell’intero corso del tempo, forse a partire dalla fine del Neolitico, sono esistiti al mondo tre tipi di persone: Gli Alti, i Medi e i Bassi. [...] Gli obiettivi di questi tre gruppi sono assolutamente inconciliabili tra loro. Lo scopo principale degli Alti è quello di restare al loro posto, quello dei Medi di mettersi al posto degli Alti. Obiettivo dei Bassi [...] è invece l’abolizione di tutte le distinzioni e la creazione di una società in cui tutti gli uomini siano uguali fra loro. In tal modo nel corso della storia si ripropone costantemente una lotta sempre uguale a se stessa nelle sue linee essenziali. Per lunghi periodi si ha l’impressione che gli Alti siano saldamente al loro posto, ma prima o poi giunge il momento in cui  o smarriscono la fiducia in se stessi, o perdono la capacità di governare, o si verificano entrambe le cose. Sono allora rovesciati dai Medi, che attirano i Bassi dalla loro parte fingendo di lottare per la giustizia e la libertà. Conseguito il loro obiettivo, i Medi ricacciano i Bassi alla loro condizione di servaggio, diventando a loro volta Alti. Ben presto da uno dei due gruppi rimanenti, o da entrambi, ne germina uno nuovo di Medi, e la lotta ricomincia da capo.”

Ed ecco, per chiudere questo primo omaggio a Steve Jobs un esempio di ciò che significa semplicità, intesa come connubio tra bellezza e funzionalità: Visualizza la sfida qui  

Nella sfida proposta si nota la lentezza nell’accensione di un computer del nostro tempo rispetto a quelli prodotti con la supervisione di Steve Jobs; lui pretese in fase di realizzazione che i PC avessero un tempo di accensione minimo, vicino ai trenta secondi. Per i pochi possessori di queste macchine vale la pena di ricordare un’ultima nota: poco prima del lancio del 1984, Steve Jobs indisse una riunione e, prendendo un foglio bianco e una penna Sharpie fece firmare tutti i componenti del team Macintosh dicendo: “I veri artisti firmano le loro opere”. Le firme sono incise all’interno di ciascun Mac. Non le avrebbe mai viste nessuno, ma tutti i membri della squadra avrebbero saputo che le loro firme sarebbero state lì, avevano realizzato una vera e propria opera d’arte, la prima in un formato “tecnologico”. 

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