Recensione Dylan Dog - Dead of Night. Un film senza Groucho

Sarà perché, bene o male, appartengo a quella generazione che ha combattuto le proprie Guerre Adolescenziali tra una pagina e l’altra della serie a fumetti creata da Tiziano Sclavi. Sarà che ho speso anni a chiedermi se il mio numero preferito fosse il 74 Il Lungo Addio . o l’ 81 Johnny Freak. E alla fine non ho mai deciso.
Sarà perché l’indagatore dell’incubo è sempre stato un fumetto universale – è capitato che in mansarda, d’estate, a leggerlo fossimo in due: io e mio padre. Sarà perché è stata la lettura alternativa a La Divina Commedia… ma oggi dalla sala sono uscita delusa. E non mi aspettavo un capolavoro cinematografico. E non sono nemmeno una di quei puristi del fumetto che pretende una trasposizione fedelissima.
Questo film avrebbe potuto essere in parte anche il nostro orgoglio italiano. Sì. Non è una produzione cinematografica nostrana, ma la storia lo è. L’impatto più forte lo si ha all’inizio, quando al posto dello scarno volto di Rupert Everett, l’attore che è stato preso a modello per il personaggio, ci scontriamo con questo “patatone” di Bryan Singer - che abbiamo già visto interpretare il ruolo di Superman, ruolo per cui era decisamente più adatto.
Anche la co-protagonista femminile sembra avere poco spessore. Arrivi alla fine del film che hai già resettato il suo volto. Di contro, Anna Falchi, nonostante la sua pessima recitazione e un tocco di artificiosità anche fisica, rimaneva impressa eccome. Purtroppo è inevitabile il confronto con Della Morte dell’Amore, film ben più vecchietto in cui abilmente horror e grottesco si miscelano, le atmosfere e, parzialmente, il personaggio protagonista si avvicinano all’opera di Sclavi.
Dylan Dog è, invece, horror puro interrotto a tratti da intermezzi da un intento umoristico di serie C. I dialoghi, sono a dir poco imbarazzanti. Ma magari veniamo a scoprire che dietro lo sceneggiatore c’è in realtà un bambino di 6 anni che ama inventare vocaboli e situazioni. Per cui sentiamo pronunciare parole come “outlet degli zombies”, “Sei solo un respirante!” e addirittura “zombieroni” – scacciazombie, per intenderci, viene dato dell’”ubriacone” a Dante Alighieri –ultimamente figura ricorrente. La famosa espressione “Giuda ballerino!” entrata ormai nell’immaginario collettivo di tutti, viene usata a sproposito e diviene un fastidioso intercalare. Si fa della “sana” pubblicità alla Apple e c’è un vistoso errore in un controcampo.
E nel film, forse è un’assenza, la cosa più insostenibile. L’assenza di Groucho Marx, tagliato fuori per motivi di budget. Personaggio che avrebbe dovuto essere “il sale” della storia.
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