Intervista a Yvonne Sciò, ispirata da Fran Drescher
Cinema / Intervista - 23 June 2025 07:00
Da attrice a regista che ama raccontare la vita di donne straordinarie

Yvonne Sciò, attrice italo-americana, che partendo da noti spot pubblicitari, ha partecipato ai cast cinematografici di “La masseria delle allodole” di Paolo e Vittorio Taviani, a “Nativity” di Catherine Hardwicke, fino alle seria televisiva Don Matteo. Capace di compiere il salto da attrice a regista, ottenendo la considerazione della critica. Qual è stata la passione che ha alimentato la scelta di compiere il passo per affermarsi come regista?
Innanzitutto grazie per aver detto della considerazione della critica. Essere considerata è stato molto difficile. Superare lo scoglio d’essere considerata solo per il mio lavoro e non per il mio percorso artistico. Le cose fatte nel passato mi hanno portato fino a qui, per cui sono onorata di aver lavorato con queste persone, dei grandissime attori che mi hanno insegnato tanto e sicuramente nella regia mi hanno dato tanto come le donne che ho intervistato. È stato molto difficile farsi apprezzare come regista, per cui è stato un po' più complicato. Sono al terzo lavoro, sono anni che ci lavoro come regista e produttrice perché sono dei progetti piccoli, mi piace controllare tutto e farlo come voglio io. Ci metto un po' di più, ma alla fine riesco sempre.In “Seven Women” del 2018 lei dirige un documentario sulla vita e la professione di sette donne, tra cui attrici come Fran Drescher o giornaliste come Rula Jebreal. Quanto è importante per Yvonne Sciò raccontare il ruolo delle donne?
Per me è molto importante raccontare più che donne, storia di persone, di anime interessanti, di donne che hanno fatto un certo percorso, un percorso diverso. Raccontare da dove sono partite, il loro percorso. Nel mio secondo documentario Seven Women, parlo con Fran Drescher che è qui con me al Festival Film Italy Sardegna e lei racconta la sua vita, le cose belle, quelle brutte. Come Rula Jebreal, da dove è partita a dove è arrivata, come Rosita Missoni. Sette Storie, sette donne completamente diverse. Per me è molto importante raccontare delle donne che ispirano. Emma Bonino, Dacia Maraini, Sussan Deyhim, Tomaso Binga e Setsuko Klossowska de Rola mi hanno ispirato tanto per il loro coraggio e per il loro modo di pensare. Soprattutto mi piaceva far conoscere il loro passato, delle loro mamme, delle loro nonne, dei ricordi dell'infanzia, perché penso che anche se siamo lontani dalla nostra famiglia i nostri ricordi rimangono sempre dentro di noi.Con il documentario Womeness, uscito l’8 marzo, lei torna a parlare del ruolo femminile nella società moderna. Dalla scrittrice Dacia Maraini alla politica Emma Bonino, dalla compositrice Sussan Deyhim all’artista Tomaso Binga, fino alla scultrice Setsuko Klossowska de Rola. Perché la scelta di figure così distanti tra loro? Cosa ha unito queste donne nel suo documentario?
In Woman Ness, che è disponibile su Sky Arte è su Now TV on demand, parlo sempre di donne e la caratteristica che ha riunito delle donne così diverse, provenienti da mondi diversi, è proprio il loro coraggio. Il loro coraggio nella vita e anche il loro punto di vista diverso. Setsuko era la moglie di Balthus, si è praticamente unita a Balthus a 15 anni. Essendo una giapponese e figlia della più antica famiglia di Samurai, ha affermato il proprio coraggio rifiutando un matrimonio combinato e ribellandosi alla madre a 15 anni dicendo: Io voglio vivere il grande amore, voglio fare le mie scelte. È una grande scelta di coraggio essere sposata con un uomo con 40 anni più di lei. Per cui ci sono queste donne completamente diverse, ognuna di loro a suo modo con grande coraggio, come Emma che comunque è stata rinchiusa, che ha fatto lo sciopero della fame. Come Dacia, con il suo passato, dalla madre e del padre che si è tagliato un dito per salvare la vita ai figli perché sarebbero morti di fame. Come Tomaso che negli anni Settanta si è cambiata il nome per essere apprezzata come artista, e non come donna perché, ancora adesso c'è sempre un po' di pregiudizio, ma negli anni Settanta ancora di più. Come Sussan che ha dovuto lasciare il paese e il passato e ha avuto il coraggio di scappare, di lasciare tutto, non aveva niente, si è creata un altro destino. Per cui di tutte queste donne sono unite dal coraggio.La scelta dello stile documentarista nasce dalla sua esigenza di raccontare la contemporaneità? Quale causa o motivazione l’ha spinta verso la regia?
Il motivo per cui ho incominciato a fare la regia e perché volevo raccontare questa voce interna. Non ho fatto un planning, non mi sono detta farò tre film, farò un documentario. È successo ed è la cosa che mi piace di più al mondo, poter raccontare delle storie, far conoscere delle persone che non tutti conoscono. Per esempio Tomaso Binga. Una mia amica gallerista quando ha visto il film in concorso a Biography Film Festival, una proiezione in piazza sotto le stelle, mi ha detto di non conoscere Tomaso Binga. Per cui anche questa cosa di far vedere delle grandi donne ha un pubblico diverso mi piace molto, ecco è per questo che forse mi piace proprio raccontare delle storie che possono ispirare altre persone.Chi è Yvonne Sciò, come donna, come professionista?
Chi sono io? Boh. Come donna credo d’essere in continua evoluzione, credo che il movimento sia una cosa molto importante per la crescita e credo che sia fondamentale imparare a cambiare, rimettersi in discussione. Credo che sia la cosa più importante della vita. Mi sento molto fortunata, ho la libertà di fare quello che mi piace veramente e di continuare a sognare.Quale donna ha più ispirato la carriera o la vita di Yvonne Sciò?
La donna che mi ha ispirato di più per la carriera è Fran Drescher, un po' la mia mentore. Perché ho visto da dove è partita, dal Queens, faceva la parrucchiera, ha fatto una Beauty School a Queens per diventare parrucchiera, ma poi il suo sogno era quello di diventare un brand famoso. Per cui mi ha sempre molto ispirato questo suo modo di fare da sola, del self made. Lei ha continuato a trasformare la sua carriera non, ha aspettato. Quando fai l'attore, aspetti che ti chiamano, che ti prendono, e invece lei si è dato da fare da sola e se l’è creato da sola. Per cui sicuramente Fran Drescher, poi la mia mamma, mia figlia, mia nonna, le donne intorno a me, che mi hanno cresciuto.C’è un prossimo progetto, che può condividere con gli appassionati di cinema, al quale sta lavorando o al quale vorrebbe lavorare?
In realtà sono ancora molto impegnata sul progetto Woman Ness, per fortuna, ho faticato tanto per arrivare fino a qua, per cui sono molto felice che il documentario stia andando molto bene. Sto facendo il giro dell'Italia e non solo, per cui ho tutta la parte della produzione ancora. Sì, ovviamente c’è un nuovo progetto, piccolo, che ho fatto scrivere da una scrittrice e adesso sto cercando di metterlo insieme, però non dico nulla.© Riproduzione riservata