Recensioni del film Ovunque proteggimi
Ovunque proteggimi è il secondo film di Bonifacio Angius.

Ovunque proteggimi è il film di Bonifacio Angius nelle sale. Partendo da un tema minimale, cerca di ampliarlo per renderlo rappresentativo di un disagio più ampio.
Alessandro (Alessandro Gazale) pontifica con il collega anziano, il quale si lamenta dei suoi acciacchi e del fatto che la musica che loro producono non abbia più senso. A cinquant’anni la mattina è al Blu Star Disco, tenta qualche guadagno alla una slot-machine e la sua ubriacatura non è solo fisica. La madre non vuole più pagare le sue intemperie: “Ma non ti vergogni?”, fa lei
Se l’età adulta non permette stranezze, Alessandro è ancora un bambino e i suoi gesti paiono giustificati dalla sua anarchia di fondo. Quando finisce in ospedale incontra una paziente, Francesca (Francesca Niedda) che condivide la sua mancanza di punti di riferimento.
Schede
“Sulla tua cartella dice che vivi ancora con tu madre (…) non hai mai pensato di andare a vivere per conto tuo?”, gli chiede il medico quasi invogliandolo a crescere. “Dove?”, risponde Alessandro.
Francesca porta Alessandro con lei a casa, ma qui scopre che i genitori hanno dato il figlio Antonio (Antonio Angius) in affidamento. Il film assume quindi il tono di una storia consolatoria, tra l’impossibilità della redenzione e la difficoltà di unire due anime fragili come Alessandro e Francesca. Se poche persone sono capaci di assumersi le responsabilità, Ovunque proteggimi pare affermare che chiunque non ne sia capace è giusto che si ritrovi insieme, formando quasi una comunità a sé.
Infatti i due partono insieme alla ricerca del figlio percorrendo 200 chilometri, ma contro l’ordinanza restrittiva Francesca non può opporsi. “Perché una madre non può vedere il figlio?” urla Alessandro alla direttrice dell’’Istituto cui Antonio è affidato. “Non si rubano i bambini” chiosa Francesca. E di nuovo appare come l’irresponsabilità non trovi adesione nella vita normale, o nella giustizia. E affinché questa anarchia trionfi occorre agire contro ogni legge: infatti il figlio esce di nascosto dall’istituto e si nasconde nel furgone di Alessandro. “Appena ha potuto, mamma è venuta a prenderti”, tranquillizza Francesca.
I tempi sono troppo dilatati per restituire un realismo dell’azione, tanto che i due personaggi sembra vivano in un universo ulteriore, senza rendersene contro. E il film soffre di tutte le mancanze del cinema italiano: di una visione obiettiva della quotidianità mossa con quel lieve slancio che serva per innalzarla a messaggio universale. Invece resta un racconto personalistico, con interazioni tra i protagonisti poco sviluppate, e che invece avevano le premesse per diventare un affresco sulle intemperanze di ognuno.
È il difetto del cinema italiano attuale, realizzato con budget esili e che quindi fatica a trovare una forma di racconto di appeal. Un cinema che pare molto lontano da quello della confinante Francia (in Italia il primo film non statunitense in classifica è A casa tutti bene con 11 milioni di dollari, mentre in terra francese è Sink or Swim con 27 milioni).
In Ovunque proteggimi i due interpreti riescono comunque a restituire il senso del loro disagio, con un dialetto sardo che ne amplifica la ruvidezza. E anche il piccolo Antonio guarda con naturalezza la macchina da presa, quasi emblema di un cinema che vorrebbe dialogare con il pubblico - ormai assopito alle piattaforme On Demand - ma trova difficoltà di empatia.
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