Recensione del film Cinquanta sfumature di rosso
Cinquanta sfumature di nero è il film tratto dal libro di E. L. James

Cinquanta sfumature di rosso (“Fifty Shades Freed”) è il film di James Foley con Dakota Johnson, Jamie Dornan, Kim Basinger e Tyler Hoechlin.
Anastasia Steel (Dakota Johnson) è ora sposata con l’imprenditore Christian Gray (Jamie Dornan), cui si sottomise con pratiche BDSM. Ma stavolta rimprovera al marito di essere troppo padrone e possessivo nel suoi confronti, dice di avere bisogno di maggiore libertà. Un tema che era già presente nei primi due film della trilogia, anche se tale senso anarchico non può nulla contro la sottomissione che lei desidera. Alcune scene sono da soap opera, come quando Anastasia vede il fratello del marito uscire da una gioielleria credendo che traduca la fidanzata. Non sapendo come creare suspence si indugia su momenti inutili.
Alcune scene sono da soap opera, come quando Anastasia vede il fratello del marito uscire da una gioielleria credendo che traduca la fidanzata. Non sapendo come creare suspence si indugia su momenti inutili.
A ciò si unisce un aspetto che nelle trilogie di solito non viene considerato, ossa quello delle figure del passato che riemergono e possono motivare il presente. In tal caso è Ray Steele (Callum Keith Rennie), il padre di Anastasia che potrebbe giustificare molti dei comportamento sado-masochisti della figlia. Ray ha avuto un incidente automobilistico, usato dall’ospedale viene trasferito a Seattle. In realtà questo aspetto che avrebbe potuto gettare una nuova luce su questi colori non viene analizzato, e così si passa ad un action che nulla a che vedere con l’impianto dei due film precedenti.
Anastasia, incinta si improvvisa rapinatrice per ottenere i soldi del riscatto per liberare Mia Gray (Rita Ora), sorella del marito. Da qui al trascorrere dei due anni con la nascita del figlio, Theodore Raymond Gray il passo è breve. Il problema del film è che non aggiunge nulla rispetto alle motivazioni che spinsero Christian a scegliere il BDSM, a lui imposto a quindici anni da un’adulta Elena (Kim Basinger).
Nel precedente film Elena era antagonista di Anastasia, cercando di introdurre discordia nel rapporto con Christian. Qui invece è solo una comparsa, e Anastasia crede senza fondamento che rappresenti un pericolo ritornato.
Così anche il dubbio che la sottomissione psichica - in questo caso della donna - attraverso pratiche sadiche non sia sociale, ma archetipica qui viene annullato. Anastasia stavolta sa rispondere con maturità alla domande che Christian Grey pose nel precedente film, “Tu vuoi essere mantenuta o avere rispetto?”.
La protagonista è qui capace di seminare un SUV che la insegue, e la Johnson ha fatto del vero training per girare la scene: ha imparato a maneggiare delle armi da fuoco, tanto che non mancano stunt e inseguimenti in auto. Nel primo film invece era poi truccata, quasi neofita del mondo che le si sarebbe presentato. Ma questi passaggi restano immotivati, semplice tentativo di comare una trama stantia.
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