Come in uno specchio, il film classico sull'espiazione di Ingmar Bergman
"Come in uno specchio" ("Såsom i en spegel") è il film di Ingmar Bergman con Harriet Andersson e Max von Sydow.
Come in uno specchio ("Through a Glass Darkl") è il film di Ingmar Bergman del 1962: usciva nelle sale italiane il 15 settembre, e l’anno successivo vinse l’Oscar come miglior film straniero.
Uscita da un istituto di igiene mentale, la giovane skizofrenica Karin (Harriet Andersson) trascorre l'estate su un'isola del Baltico. Con lei c’è suo padre David (Gunnar Björnstrand), uno scrittore che non riesce ad accettare la malattia della figlia, nonché il fatto che il proprio interesse per la patologia sia più professionale che personale.
C’è anche il marito di Karin, Martin (Max von Sydow): lui è un medico che non è in grado di confortare la moglie, e per questo si danna. Infine il fratello di 17 anni, Minus (Lars Passgård) adolescente in balìa dei primi sentimenti giovanili. Durante le crisi Karin immagina di sentire voci provenienti da dietro la carta da parati: ode Dio che le comunica che attraverserà la porta e offrirà la sua salvezza. Ma Karin ha anche dei momenti di estrema lucidità, e in uno di questi legge il diario del padre, in cui apprende che la sua malattia è incurabile.
Così scompare e seduce anche il giovane Minus, un'esperienza che lo lascia sconvolto nel silenzio. Karin afferma poi che Dio sta per apparire, ma in realtà ciò che vede attraverso la porta è un ragno nero gigante. È attanagliata dal terrore, ha una crisi così violenta che il padre e il marito sono costretti a trattenerla e a iniettarle un sedativo, fino all’arrivo dell'ambulanza. Dopo che è stata riportata all’istituzione Minus si rivolge al padre per una spiegazione su tanta sofferenza, ma ognuno di loro si rende conto di aver fallito. David così rassicura il figlio che l'unica salvezza è nell’amore.
Il film vince l’Oscar come miglior film straniero nel 1962: è il modo in cui un pensiero viene reso tangibile ad aver colpito i membri dell’Academy. Non più azioni che rivelano una trama, ma concetti ed emozioni che smuovono i personaggi. Non interessi materiali - i classici MacGuffin dei film necessari per fornire dinamicità a una trama - ma psichici.
Una rivoluzione simile a quella che Freud apportò alla medicina nel 1900. Dopo la commedia ”The Devil's Eye" (1960) e i riconoscimenti internazionali per ”Il settimo sigillo” (1957) e “Il posto delle fragole” (1957), fino al brutale “La fontana della vergone” per cui vinse l’Oscar l’anno precedente, la Svezia si impose come rigore formale al mondo della cultura.
In “Come in uno specchio” i personaggi sono solo quattro, ma l’interazione amplifica gli spazi quasi passeggiando su un dilemma interiore. Bergman scrisse la sceneggiatura durante la primavera del 1960 durante la vacanza all'Hotel Siljansborg di Dalarna con la moglie Kbi. L’idea cui si ispirò era semplice, “Dio è l'amore e l'amore è Dio” disse in una intervista.
Così il ragno che Karin ode parlare è il timore di quella presenza, senza alcun rimprovero.
La musica di Bach, con un quartetto d'archi in tre movimenti rende il clima ancora più denso, fino al tentativo di mostrare cosa si intenda per espiazione e come essa possa essere raggiunta.
La stessa che - in maniera oggi impensabile - era riassunta nella frase evangelica scritta sulla locandina de film statunitense: “Adesso noi vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; allora vedremo faccia a faccia”.
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